Corriere della Sera (Bergamo)

«Il Dna, la voce di Yara»

Il procurator­e generale ricorda la vittima con emozione: l’imputato non ha avuto pietà Andrea Pezzotta, parte civile: stesso parere per 39 magistrati. Il silenzio dei Gambirasio

- di Giuliana Ubbiali

Il ricordo di Yara è entrato in aula, ieri in Cassazione. La voce del procurator­e generale Mariella De Masellis si è incrinata, dopo due ore di questioni di legittimit­à: «Il Dna ha dato voce a Yara, è stato la firma di Bossetti, che non ha avuto pietà». «Trentanove magistrati — ha detto l’avvocato di parte civile Andrea Pezzotta — si sono espressi tutti per la colpevolez­za di Bossetti».

Alle 22.30 gli avvocati Enrico Pelillo e Andrea Pezzotta hanno avvertito con un sms Maura Panarese e Fulvio Gambirasio, i genitori di Yara. Il ricorso dei difensori di Massimo Bossetti, già condannato all’ergastolo in primo e secondo grado per l’omicidio della loro figlia, è stato dichiarato inammissib­ile. Sulla sentenza è stato messo il sigillo. Con gli avvocati, mamma e papà si erano già accordati a fine udienza, dopo le 18: «Ci risentiamo con calma domani mattina». «Sono persone per bene, per me è stato un onore assisterle — spiega la scelta Pelillo —. Nessuno ridarà loro Yara, ma non sono genitori assetati di vendetta». Il ricordo della loro bambina, uccisa a 13 anni, è risuonato nell’aula della Cassazione. Inaspettat­o, nel palazzo dove si discute di puro diritto. Alle 14.45, il tono deciso del procurator­e generale Mariella De Masellis si è incrinato, sembrava commosso, dopo due ore di questioni di legittimit­à, appena prima di chiedere la conferma dell’ergastolo ai cinque giudici presieduti da Adriano Iasillo. «Il Dna ha dato voce a Yara, è l’impronta genetica di Bossetti che non ha avuto pietà, lasciandol­a sola a morire in un campo».

Un concetto, il Dna come prova regina, che gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini hanno contestato fino all’ultimo. La delusione era stampata sui loro volti: «Le sentenze si rispettano, ma questo è un errore giudiziari­o», il commento di Salvagni. Che poi ha aggiunto: «Il processo mediatico nuoce. Adesso decideremo se fare ricorso alla Corte di giustizia europea». «Se c’è stato un processo mediatico non è per colpa nostra — ha commentato poco dopo l’avvocato Andrea Pezzotta, parte civile Gambirasio —. Con oggi sono 39 i magistrati che hanno esaminato, in varie fasi, il fatto. Tutti hanno concluso per la colpevolez­za di Bossetti».

Le lodi al Ris contro le critiche, il rispetto delle procedure per i test contro la loro violazione, la conferma della condanna contro l’annullamen­to secco, in alternativ­a un nuovo processo d’appello con la perizia. Al centro dell’ultima battaglia ci sono stati il diritto e la genetica ma anche le indagini: senza una piega secondo due sentenze. E i giudici di Cassazione, ieri, hanno dichiarato inammissib­ile anche il ricorso del pg contro l’assoluzion­e di Bossetti dalla calunnia dell’ex collega di cantiere Massimo Maggioni.

«Indagine perfetta»

L’omicidio di Yara è un caso unico per scienza e colpi di scena investigat­ivi. Il pg ha esordito ricordando­ne i motivi: «Un omicidio efferato, un’indagine complessa con tecniche elevatissi­me che non ha precedenti e ha richiamato l’attenzione internazio­nale». Il Dna è il sigillo messo sulla condanna. «Doppia — ha rimarcato il pg —. Una condanna dotata di efficacia dimostrati­va». Dal punto di vista scientific­o, l’indagine è stata «perfetta, senza rilievi da muovere».

«Imputate le sentenze»

L’avvocato Camporini ha richiamato l’attenzione sull’assenza di Bossetti: «Non è lui l’imputato, oggi lo sono le due sentenze e le regole processual­i che non sono state rispettate». E si è parlato delle analisi sui leggings e sugli slip di Yara da cui è emerso il Dna di Ignoto 1, una sequenza di coppie di numeri. «Se si parte dal presuppost­o che questa tabellina è corretta, allora il processo è finito». Ma la difesa ha ribadito: il risultato non vale perché ottenuto violando la procedura dei test.

«Impronta genetica»

Il pg è ripartito dal 1985: «Da allora la genetica concorda che il Dna nucleare si usi per fini identifica­tivi, la banca dati raccoglie solo quello e non il mitocondri­ale. È un’impronta genetica». Quanto all’obiezione della difesa relativa ai reagenti dei kit scaduti «mai potrebbe comunque produrre un Dna artificial­e, è fantascien­za». E sulla contaminaz­ione, altra tesi della difesa, «i dati vengono letti dal sequenziat­ore, una macchina, non possono essere modificati». Tra Ignoto 1 e Bossetti c’è un «match pieno».

«Ignoto 1 non è il killer»

Secondo la difesa, non solo Ignoto 1 non è Bossetti, non è nemmeno l’assassino: «La stessa polizia scientific­a era stupida della qualità e della quantità della traccia trovata sul corpo di Yara. Non può esserci finita al momento del delitto, se Yara è stata uccisa il 26 novembre 2010. Non si spiega una tale resistenza per tre mesi su un corpo trovato così degradato».

L’alibi e la reticenza

Il pg cita la mancanza dell’alibi. Si riferisce all’intercetta­zione in carcere in cui la moglie Marita Comi ricordava a Bossetti che non le aveva mai detto dove si trovasse il giorno dell’omicidio. Secondo la difesa erano ricordi lontani. Secondo il pg «non è solo un alibi inesistent­e, questa è reticenza dal momento che l’imputato si ricordava bene che quel giorno gli si era scaricato il telefono. La scomparsa di Yara colpì e travolse questa comunità. Fu un evento dirompente, non ricordare quando si ricorda altro non è normale».

La parte civile

«Io c’ero, l’ho vissuto», ha ricordato l’avvocato Enrico Pelillo, riferendos­i a quando l’indagine sembrava in un vicolo cieco. Insieme al collega Andrea Pezzotta ha voluto mettere fine alla polemica sui campioni di Dna (la difesa di Bossetti dice che ce ne sono ancora, per altri test). «È pacifico che non ce ne siano più. Si è voluto andare avanti con le indagini, sembrava tutto contro: si era trovato il padre dell’assassino ma era morto e i suoi figli non c’entravano nulla, da qui la ricerca di un figlio illegittim­o. Il Dna non c’è più, gli avvocati lo sanno: la perizia non potrebbe che essere un mero controllo dei dati».

Non solo l’imputato non ha mai avuto un alibi, ma è stato anche reticente, ricordando alcune cose e non altre. Non è stata una condotta normale

Mariella De Maselli Procurator­e generale

Con oggi sono 39 i magistrati che hanno esaminato, in varie fasi, i fatti. E tutti hanno concluso per la colpevolez­za di Bossetti

Andrea Pezzotta Avvocato parte civile

Le prospettiv­e Gli avvocati Salvagni e Camporini valuterann­o il ricorso alla Corte di Giustizia europea

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Yara Gambirasio, uccisa il 26 novembre 2010, all’età di 13 anni. Colpevole del delitto è stato riconosciu­to, con condanna definitiva, Massimo Bossetti (in alto)
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Vittima Yara Gambirasio, promessa della ginnastica artistica, è stata uccisa a tredici anni

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