Treves al Druso: «I miei concerti con Zappa e il Boss»
Il bluesman in concerto al Druso «La musica non è un talent ma sfacchinate e trasferte»
L’anno prossimo la carriera al servizio del blues compie 45 anni, mentre l’entusiasmo resta quello di un ragazzo. Fabio Treves, venerdì, sarà in concerto con la sua storica band al Druso di Ranica (alle 22, ingresso 15 euro in cassa). Nel 1978 aprì la decima edizione della Rassegna internazionale del jazz al Palazzetto dello sport, a Bergamo. Nella stessa sera si esibirono i gruppi di mostri sacri quali Chris Barber e Illinois Jacquet. I live successivi furono annullati a causa del sequestro di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. «Era la dimostrazione che il blues era considerato un sotto genere del jazz, non c’erano riviste che ne parlassero e quando lo nominavo, proponendomi nei locali, i gestori strabuzzavano gli occhi», sorride il cantante e armonicista milanese.
La sua passione comincia negli anni ‘60 ascoltando John Mayall, il «Leone di Manchester». Proprio, come il suo idolo, Treves otterrà il nomignolo di «Puma di Lambrate». Il suo orecchio era già stato allenato in famiglia. «Mio papà ascoltava tutto, dalla classica al fado portoghese, i canti dei cavatori di marmo non sono diversi da quelli dei neri nelle piantagioni di cotone — spiega —. Il blues è il sottofondo della vita, esprime emozioni che tutti abbiamo provato, abbandono, amore, riscatto sociale, sono le prime note che due sconosciuti improvvisano, non servono spartiti e gli accordi sono pochi e semplici». L’incontro più importante per Treves è stato, nel 1988, a Monaco, con Frank Zappa che durante il tour in Italia, l’ha voluto sul palco a Milano e a Genova. «Mi tremavano le gambe, è stata una prova immensa di stima, Zappa aveva capito che non ero il solito fan e poi sapevo che aveva deciso di non volere più nessuno, al di fuori dei suoi musicisti, dopo aver chiamato John Lennon a New York ed essersi ritrovato anche Yoko Ono — ricorda il bluesman che compare nella biografia del chitarrista come “l’anarchico” —. Quando ero in consiglio comunale a Milano l’ho fatto parlare con il sindaco Pillitteri perché voleva suonare alla Scala, ma non ottenne nulla».
Il Puma ha anche aperto, due anni fa, il concerto di Bruce Springsteen al Circo Massimo di Roma, davanti a 70mila ragazzi urlanti. E continua la sua missione, divulgare i valori e la storia del blues nelle scuole come negli ospizi. Senza fare progetti. «Non sono quel tipo di artista che programma un disco, poi Sanremo», tiene a precisare. Ma se le proponessero la carica di giudice in un talent? «Risponderei: no, grazie — dice —. La musica non è una gara, è trasferte e sfacchinate per suonare, come insegna John Mayall che, a 84 anni, smonta ancora la sua attrezzatura in modo compulsivo e non vuole che nessuno lo faccia per lui. Io sono un po’ così».
L’incontro Ha suonato con Frank Zappa nel 1988 a Milano e Genova: «Mi tremavano le gambe»