Bergamo Scienza «Ora esportiamo il modello»
Il festival chiude con il premio Nobel Mello
Ora sono sei città. In futuro, il sogno è di uscire dai confini nazionali. «Bergamo Scienza vuole esportare il proprio modello educativo», annuncia Raffaella Ravasio, presidente dell’associazione e tra i fondatori del festival che si chiude oggi con il premio Nobel per la Medicina 2006 Craig Cameron Mello. A Milano, Torino, Cagliari, Aversa e Roma saranno organizzati 28 laboratori, già sperimentati durante il festival, con gli insegnanti e gli alunni delle seconde medie di 14 scuole. Il progetto durerà 36 mesi. L’idea è di allargarsi anche in Bergamasca: «Ci piacerebbe esportare delle capsule di festival, in collaborazione con i sindaci e l’ente provinciale. Abbiamo già coinvolto Lovere, San Pellegrino, Clusone e Treviglio. L’idea è sviluppare dei minifestival in queste realtà, perché abbiamo registrato molto interesse». Oltre 5 mila, quest’anno, i volontari arruolati.
Oggi pomeriggio il gran finale della manifestazione con il biochimico statunitense Craig Cameron Mello, premio Nobel per la medicina 2006
Da sogno a realtà. Nel 2003 un gruppo di amici aveva un desiderio: divulgare la scienza a tutti, con un linguaggio semplice e ludico, per contaminare la gente con il «virus scientifico». Partì Bergamo Scienza. Dopo quindici anni, il festival si è ampliato e consolidato. Ha stretto collaborazioni anche con le scuole e le Università, per «contaminare i giovani con il piacere della scienza, che è anche divertimento ed è utile per crearsi una professione», dichiara Raffaella Ravasio. Tra i fondatori della manifestazione — nel 2005 ebbe l’intuizione di ideare una Commissione Scuole per rendere gli istituti scolastici tra i protagonisti del festival —, da quest’anno è presidente dell’associazione Bergamo Scienza. A lei la parola per stilare un bilancio della sedicesima edizione, che oggi chiude i battenti, ma sta già pensando al futuro.
Bergamo Scienza, un festival in crescendo, per numero di incontri, ospiti e Premi Nobel. Un bilancio?
«Quello che ci interessa è restare sopra i numeri, puntando alla qualità. Abbiamo notato che il livello culturale del pubblico si è alzato, tanto che gli scienziati sono molto contenti di partecipare al festival, segnalandoci anche nomi di colleghi da invitare per le edizioni successive. Restano colpiti dalla città, dalle platee piene di ragazzi che rivolgono domande intelligenti, pur non essendo scienziati. Negli anni si è infatti registrata una maggiore presenza di giovani partecipanti alle conferenze e dei piccoli ai laboratori organizzati nelle scuole, che vanno dagli asili alle secondarie di primo grado, con un picco di interesse soprattutto in provincia».
Il festival oltrepassa le mura cittadine per contaminare il territorio?
«Esatto. Tra i programmi dell’anno prossimo anticipo l’adesione al programma R.E.A.C.T (acronimo per Reti per educare gli adolescenti attraverso la comunità e il territorio, ndr) promosso dalla We world onlus per contrastare la dispersione scolastica e favorire l’inclusione e il benessere di ragazzi che vivono in contesti difficili, caratterizzati da scarse opportunità formative e socializzanti, per riavvicinare i giovani al mondo della scuola, facendo rinascere in loro autostima e voglia di farcela. La nostra tutor Clara Mangili andrà in sei città — Milano, Torino, Palermo, Cagliari, Aversa e Roma —, per progettare 28 laboratori, già sperimentati durante il festival, con gli insegnanti e gli alunni delle seconde medie di 14 scuole. Bergamo Scienza vuole esportare il proprio modello educativo, che con i laboratori coinvolge i ragazzi e li invita a porsi delle domande, a cercare soluzioni per scoprire qualcosa da condividere con altri giovani. Il progetto durerà trentasei mesi, al termine dei quali i laboratori saranno portati a La Scuola in piazza».
Per la provincia di Bergamo avete dei programmi?
«Direi dei desiderata. Ci piacerebbe esportare delle capsule di festival, in collaborazione con i sindaci e l’ente provinciale. Abbiamo già coinvolto Lovere, San Pellegrino, Clusone e Treviglio. L’idea è sviluppare dei minifestival in queste realtà, perché abbiamo registrato molto interesse dal territorio bergamasco».
E per la città state pensando a qualcosa in particolare?
«Un altro desiderio è proporre allo Science Center incontri tra i dottorandi dell’università e i ragazzi del liceo, oltre alla normale programmazione di laboratori e film. L’obiettivo è formare menti critiche sul rapporto tra scienza e tecnologie e l’impatto che queste hanno sulla società civile e la vita quotidiana».
Chi vorrebbe portare tra gli ospiti della prossima edizione?
«È ancora presto per fare dei nomi. Ma mi piacerebbe approfondire in modo serio il tema degli effetti climatici».
Per concludere, dica un sogno che avrebbe dopo sedici edizioni.
«Esportare Bergamo Scienza oltre i confini nazionali».
❞ Vogliamo esportare il nostro modello educativo. Si partirà in sei città italiane con il progetto di 28 laboratori, ma l’obiettivo è oltre i confini nazionali