Le leggi razziali Cinque storie per non dimenticare
1938/2018 Martedì al Cinema del Borgo proiezione del docufilm e incontro con il regista Pietro Suber
Collaborazionisti, antisemiti, carnefici. Per la prima volta un film tratta le leggi razziali, a ottant’anni dalla promulgazione che portò alla deportazione degli ebrei italiani, raccogliendo anche il punto di vista dei persecutori. A firmare il documentario «1938 – Quando scoprimmo di non essere più italiani» è il giornalista Pietro Suber che sarà presente alla proiezione, martedì, al Cinema del Borgo (alle 21, ingresso 5,50-5 euro). Presentata alla Festa del Cinema di Roma, la pellicola sarà distribuita nelle sale da Istituto Luce Cinecittà e, a novembre, sarà trasmessa a «Speciale Tg1». Poi diventerà un dvd distribuito nelle scuole. Suber, oggi caporedattore a «Viva l’Italia», sulle reti Mediaset, racconta la persecuzione sotto il fascismo con abbondanza di documenti e immagini d’archivio. «Mi occupo di Shoah da parecchio tempo, negli anni ‘90 ho seguito il processo Priebke, nel 2005 ho intervistato degli ex ufficiali nazisti e dieci anni dopo ho realizzato un film su due sopravvissuti ad Auschwitz rimasti amici — racconta Suber —. Quattro anni fa ho iniziato a raccogliere nuovo materiale, sentendo un centinaio di persone e ricevendo molte porte sbattute in faccia. Non sempre gli ex fascisti sono felici di ricordare».
Le leggi impedirono agli ebrei di mandare i propri figli a scuola, di lavorare, i matrimoni «misti», di far parte del partito fascista, possedere aziende con più di cento dipendenti, essere impiegati statali e esercitare professioni come medico, farmacista, avvocato, commercialista, ingegnere, architetto. Le testimonianze selezionate sono 25 e ruotano attorno a 5 storie. C’è la vicenda di Pacifico Di Consiglio, ebreo romano del ghetto, che durante l’occupazione scelse di opporsi. Si salvò, flirtando con la nipote di un capobanda fascista, Annita Mastroiani, testimone tra le lacrime. Si parla di Franco Schonheit, classe 1927, ferrarese, deportato nei lager con i genitori. Tutti riuscirono a sopravvivere e lui oggi ricorda. Tra le storie più truci c’è quella di Ettore Ovazza: nonostante fosse esponente del fascismo ebraico, lui e la famiglia furono fatti a pezzi e bruciati dai nazisti nella strage di Intra. E ancora la vicenda di Lea Polgar, di Fiume, che si salvò nascondendosi a casa di un incisore del Vaticano e quella di una famiglia di presunti delatori fascisti accusati di aver denunciato, per soldi, i vicini ai nazisti.