GIUSTIZIA E ROM
C’erano una volta due famiglie rom, gli Horvat e i Nicolini, che litigavano in continuazione. Tre anni di screzi reciproci, sfociati in un duello rusticano sul piazzale del mercato di Trescore. Nel solleone dell’8 agosto 2017 si affrontarono a colpi d’ascia e di pistola. E nel vasto spiazzo, tra proiettili vaganti e suv lanciati all’impazzata, si speronarono Hummer da 100 mila euro. Un miracolo se non ci scappò il morto. Ora siamo alle condanne di primo grado, il giudice ha usato il pugno duro: da 3 a 10 anni di carcere (dei quattro imputati solo uno è in cella). Seguiranno però l’appello e, fra anni, la Cassazione. Nel frattempo la giustizia rom ha già fatto il suo corso. Un paio di mesi fa si sono svolti due incontri, uno dai Nicolini e uno dagli Horvat, presieduti da 5 giudici anziani, a loro volta capi di altre famiglie. Sentite le parti, i saggi hanno decretato la pace. Pace che, per ora, regge: gli ex contendenti si sono già trovati nella stessa chiesa evangelica e nello stesso ristorante senza prendersi a insulti e revolverate. Sanno che chi sgarra sarà punito duramente: isolamento sociale per lui e per la sua famiglia. Nei rom c’è una forte coesione familiare, quindi la tregua funziona. Ma il verdetto è rispettato sulla parola. Nulla di scritto. E la nostra giustizia? Che rispetto può esigere se ogni anno lascia scadere tonnellate di atti, scritti e vidimati? Che deterrente può avere una sentenza che decreta 10 anni di carcere se poi diventano 5 o ancora meno? Alla fine, purtroppo, resta solo una tigre di carta che non spaventa più nessuno.