Diamanti, l’ex Creberg offre il 40% I clienti divisi, c’è chi dice no
La proposta sul prezzo d’acquisto respinta dall’Unione consumatori. Il giudice nomina il perito
Il 40% del prezzo di acquisto: si aggira attorno a questa percentuale la proposta di conciliazione che l’ex Credito Bergamasco (assorbito dal Banco Bpm) presenta ai clienti che avevano acquistato diamanti, tramite la banca, dalla società Intermarket Diamond Business. I preziosi erano stati comprati in particolare tra il 2010 e il 2015, una sorta di «rifugio» dopo l’inizio della crisi economica. Ma finora si sono rivelati una beffa, con stime che si aggirano anche attorno ai tremila euro per pezzi acquistati a 10 mila e con un rendimento tutt’altro che certo sul mercato. Tanto che la Idb e la Dpi (Diamond Private Investment, altra società che vendeva tramite le banche) sono state pesantemente multate dall’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato.
Sul territorio bergamasco i problemi riguardano in particolare l’ex Creberg, che a differenza di altri istituti, come Intesa Sanpaolo, ha deciso di non procedere con un risarcimento del 100% nei confronti dei clienti, ma di valutare caso per caso la possibilità di un «ristoro parziale». La percentuale media è quella del 40% sul prezzo d’acquisto, con il diamante che resta al cliente per tentare un’eventuale (difficile) cessione. Ma c’è chi respinge la proposta, per esempio tutti gli investitori che si sono rivolti all’Unione Consumatori di via Tasso, assistiti dall’avvocato Gabriele Forcella: «Abbiamo depositato a fine luglio due richieste di perizia tecnica preventiva al tribunale civile, citando espressamente l’ex Credito bergamasco e chiedendo quindi al giudice di stabilire il reale valore dei diamanti acquistati — ricorda l’avvocato —. Il 4 ottobre il perito scelto dal tribunale ha giurato. E il giorno prima dell’udienza la banca si è fatta avanti con la proposta di conciliazione. È una strada che i miei assistiti hanno scelto di non seguire».
Le prime due richieste di perizia avanzate dall’Unione Consumatori riguardano «trenta posizioni», includendo in ogni posizione anche due o tre componenti dello stesso nucleo familiare che avevano proceduto al singolo acquisto. «Anche per altre 19 posizioni abbiamo chiesto a settembre la perizia tecnica preventiva — prosegue l’avvocato —. Il procedimento sarà riunito a quello delle prime due, con lo stesso perito». In tutto 49 posizioni, per una settantina di persone fisiche, che hanno scelto la strada del tribunale. Stabilito il valore dei diamanti, tramite la valutazione del perito Marina D’Adamo, sarà il giudice a procedere a un tentativo di conciliazione: nel caso in cui fallisse le parti entrerebbero in causa.
«Tempi troppo lunghi quelli del tribunale, a nostro avviso — commenta il presidente di Federconsumatori Umberto Dolci —. Abbiamo invitato i nostri utenti a contattare un gemmologo, in privato, per far stimare i diamanti. E, uno per uno, li abbiamo messi in contatto con il Banco Bpm, che ha poi proceduto a una trattativa diretta con ognuno, con percentuali per la conciliazione attorno al 40%. Per 115 persone l’accordo è già praticamente definito, su altre 30 stiamo ancora lavorando». Lo stesso ha fatto Adiconsum, per una cinquantina di utenti. E il Banco Bpm conferma la sua posizione: «Analizzare caso per caso la situazione dei singoli clienti e valutare eventuali rimborsi».
Intanto l’autorità garante ha chiuso il procedimento aperto di recente nei confronti di Ubi e della società Diamond Love Bond: nessuna sanzione, solo un percorso concordato. La banca si impegna a informare il consumatore che il diamante è un bene di consumo e non un prodotto finanziario, e quindi è scorretto parlare di rendimento. Ubi inoltre non prevede una attività di riacquisto del bene e garantisce che la vendita dei diamanti verrà offerta solo ai correntisti con un patrimonio oltre i 100 mila euro, per un valore che non andrà mai oltre il 5% del totale. Il cliente di Ubi riceverà un’ampia informativa precontrattuale: una novità in un settore travolto da troppa confusione.
L’accordo C’è il sì di Adiconsum e Federconsumatori. Oltre ai soldi i clienti tengono i preziosi