Donizetti, i costi lievitano: 15 milioni
La cordata vinse col ribasso del 23%. Ora 30 modifiche Berta: «Slitta la consegna, obiettivo 15 novembre 2019»
Aluglio, per un serbatoio interrato da rimuovere, i costi di ristrutturazione del Teatro Donizetti erano saliti di 600.000 euro. Ora, per una seconda variante, lievitano fino a quasi 15 milioni. Lo ha annunciato il presidente della Fondazione Donizetti, Giorgio Berta, in commissione. Colpa di un elenco di 30 modifiche, dalle solette a un’infiltrazione di acqua. La cordata vinse la gara per i lavori con un ribasso del 23,7%. Il nuovo intoppo, pesante, fa slittare anche la consegna delle opere che era prevista per il 31 ottobre 2019. L’obiettivo è aggiornato, per forza di cose: fine lavori entro il 15 novembre, per l’avvio della stagione lirica.
A causa di una variante, il cantiere del teatro Donizetti rischia di rimangiarsi il ribasso d’asta. Lo sconto applicato dalla cordata di ditte Fantino e Notarimpresa era già «costato» tempo, per le verifiche imposte dal Codice degli appalti di fronte a una riduzione così significativa (il 23,7%). Una percentuale che si era tradotta in un importo intorno 11 milioni (più Iva) per i lavori, iniziati a febbraio, invece dei 14,350 preventivati dal bando di gara. Per via di una variante approvata a luglio, si è poi risaliti di 600 mila euro (un serbatoio interrato da rimuovere). Ora serve un secondo ritocco.
Lo annuncia alla quarta commissione consiliare il presidente della Fondazione Donizetti, Giorgio Berta. «Difformità riscontrate nel corso dei lavori», dice, impediranno di rispettare la scadenza della consegna, il 31 ottobre. Per i dettagli economici bisogna aspettare il cronoprogramma di settimana prossima, ma l’obiettivo è aggiornato: finire entro il 15 novembre 2019, quando inizia la stagione lirica.
«Credo che i costi rientreranno nella cifra a disposizione — chiarisce Berta —. La Fondazione ha raccolto 18 milioni di euro e il costo complessivo non supererà i 15 milioni con le varianti. Risorse finanziarie ce ne sono». Ma la variante sarà, economicamente, più dolorosa della prima. È lungo l’elenco delle modifiche necessarie al progetto: una trentina. Ci sono le fondamenta del proscenio da rinforzare, per esempio. Bisogna alzare le solette della parete ovest per sventare il rischio di cedimenti: va sostituito il calcestruzzo «poco nobile», cioè di qualità inferiore alle aspettative. Per questo, da lì, sono state temporaneamente spostate le lesene decorative (il placet della Soprintendenza è arrivato ieri). Altri consolidamenti riguardano i camerini e la torre scenica.
Va anche accertata l’origine di «rigagnoli d’acqua affiorati in zona sottoplatea». Minuzie, infine, come il colore di una parete o la «rasatura» degli interni dei palchetti: per ragioni di acustica, ha decretato l’esperto tedesco ingaggiato dal Comune, devono essere completamente lisci. «Sono ottimista — dichiara il presidente —, ma non escludo che il teatro nella sua interezza possa avere ritardi». L’obiettivo è riaprire a metà novembre 2019. Ultimando, nel caso, alcuni restauri a stagione già cominciata.
La chiusura del salotto buono è costato in termini di spettatori, con il trasloco degli spettacoli al Creberg e al Sociale di Città Alta. Ma il contraccolpo è rientrato, informa l’assessore alla Cultura, Nadia Ghisalberti. La prosa ha già fatto registrare «quasi quattrocento» abbonamenti in più. Una risposta motivata dalla «vocazione teatrale della città», secondo l’assessore. Alla vigilia della rinascita, la Fondazione si è potenziata. Sono stati assunti 4 tecnici di palcoscenico e 12 maschere stagionali, mentre sono state stabilizzate 3 persone nella biglietteria.
«La nostra forza è da sempre la flessibilità — commenta il direttore del teatro, Massimo Boffelli —. Abbiamo grande afflusso di pubblico straniero perché facciamo opere donizettiane non conosciute, più ricercate». Fra i numeri, si enfatizza il ruolo formativo, con le prenotazioni confermate di 10 mila studenti (di cui 200 in alternanza scuola-lavoro). E quest’anno ci sarà una coproduzione con la Fenice di Venezia.
Il precedente A luglio, il costo era salito di 600 mila euro per un serbatoio interrato da rimuovere