COLPITI SUI SOLDI
Da quando Walter Mapelli si è insediato a capo della Procura di Bergamo, le inchieste contro i grandi evasori e gli imprenditori abituati a spolpare le aziende ai danni dell’Erario hanno registrato un’impressionante accelerazione. Ieri il sequestro da 25 milioni di euro a un ricco antiquario di Bergamo, arrestato per autoriciclaggio. Due settimane fa altri 9 milioni bloccati alla vedova di un presunto bancarottiere di Arcene, che ufficialmente faceva l’operaia (solo per citare gli ultimi casi). Due sequestri che hanno già retto al vaglio di un giudice. È ancora lunga la strada per arrivare alla meta, ma questi primi passaggi di verifica giurisdizionale danno l’idea di inchieste solide. E soprattutto restituiscono l’immagine di una giustizia che non si accanisce (e spesso si perde) su storie al limite dell’insignificante, dove l’iter processuale costa più del maltolto che si va a recuperare. Qui si punta in alto. E la posta in gioco vale tutti gli sforzi investigativi. In un (dis)ordine giudiziario dove la pena non è mai certa e la prescrizione è sempre dietro l’angolo, il fatto di toccare sul portafogli chi si è arricchito ai danni dello Stato diventa la sanzione più incisiva e il deterrente più efficace contro chi vuol fare il furbo.
Non si nascondano, certi magistrati (e certe Procure) che si perdono in inezie per fare statistica, dietro l’alibi dell’obbligatorietà dell’azione penale. Sanno benissimo che hanno tutto il potere discrezionale per concentrare le poche risorse a disposizione sui fascicoli più importanti.