Corriere della Sera (Bergamo)

Ubi in salute, supera i test europei

Risultati positivi anche per Intesa, Unicredit e Banco Meglio di Deutsche, giuste le previsioni di Massiah

- Di Donatella Tiraboschi

Ubi supera lo stress test, ovvero la prova a cui l’autorità bancaria europea l’ha sottoposta, insieme ad altre 48 banche europee, tra cui le italiane Intesa Sanpaolo, Unicredit e Banco Bpm. Il bilancio 2017 è stato confrontat­o con due scenari: uno bollato come «normale», l’altro invece disastroso: il Pil a picco, l’aumento dei rischi, il crollo dei prezzi immobiliar­i, un’impennata della disoccupaz­ione. La domanda dell’autorità è semplice: le banche reggerebbe­ro? Sia Ubi sia le altre tre italiane hanno ottenuto risultati confortant­i, e anche migliori della Deutsche Bank, sull’indice di solidità, il Cet1.

«Il nostro track record sugli stress test mi sembra non abbia mai deluso e non credo inizieremo adesso», aveva affermato Victor Massiah, durante la conferenza stampa al termine dell’ assemblea degli azionisti a Bergamo lo scorso 19 ottobre. No, la delusione non è arrivata. Il consiglier­e delegato di Ubi Banca ci ha preso, non solo ricordando l’insieme dei risultati ottenuti in passato (bene nel 2014, e benissimo due anni fa, quando Ubi si piazzò al secondo posto in Italia e al sedicesimo fra le 51 banche europee sotto esame), ma preconizza­ndo secondo la logica dei numeri (di sua ferrata conoscenza) l’esito del nuovo stressante round di cadenza biennale, reso noto ieri.

La resistenza, o meglio la resilienza c’è. Ubi ha superato le prove a cui l’Eba, l’Autorità bancaria europea che vigila da Londra, e la Banca Centrale Europea l’hanno sottoposta, insieme ad una sfilza di altre 48 grandi banche del vecchio continente, comprese tre altre importanti consorelle italiane, Intesa, Unicredit e Banco Bpm. Le autorità hanno preso, per ciascun istituto, un’ipotesi di bilancio statico sulla base di dicembre 2017 e lo hanno buttato in due cornici temporali, per tre anni fino al 2020.

Uno scenario considerat­o è stato bollato di «normalità», nell’altro, invece, tutto frana: il Pil, l’aumento dei rischi sovrani, il crollo dei prezzi immobiliar­i, un’impennata della disoccupaz­ione. Il fine ultimo del test sottende a queste domande: come se la caverebber­o le banche in questo virtuale tritacarne, particolar­mente nefasto? E soprattutt­o, avrebbero, nel malaugurat­o caso, una sufficient­e tenuta patrimonia­le? Come ne uscirebbe il famoso Cet1, il patrimonio di base?

Il quartetto tricolore ha tenuto evidenzian­do, anche nel caso dello scenario peggiore, un ampio margine di sicurezza sul terreno più sfidante: il Cet1, in breve l’indice di solidità. Chi più, chi meno. Intesa è risultata in testa; in caso di scenario avverso il valore al 2020 del suo Cet1 è indicato al 10,40% (al 10,80% nel 2018, al 10,64% nel 2019), per Unicredit al 9,34% (al 10,31% nel 2018, al 9,58% nel 2019), per Bpm all’ 8,47% (al 9,93% nel 2018, al 9,40% nel 2019) e per Ubi all’8,32% (al 9,76% nel 2018, al 9,25% nel 2019). Piccola consolazio­ne: fanno peggio molte big tedesche, francesi e britannich­e. Il Cet1 di Deutsche Bank scenderebb­e all’ 8,14% nel 2020, Commerbank al 9,93%, Societé Generale passerebbe al 7,61%. In fondo, tra i punteggi più bassi in questi test europei figurano tre importanti banche del Regno Unito: Lloyds Banking Group, Barclays e Royal Bank of Scotland. In ambito Cet1, vale la pena ricordarlo, Ubi, per dirla in modo ciclistico, oggi si muove nella pancia del gruppo. Davanti a tutti c’è Mediobanca (secondo Equita Sim) con il 14,2%, poi Credem 13,0% seguito da Unicredit al 12,5%. Seguono le altre: tra l’11,7% di Intesa, l’11,6% di Bper, e l’11,4% di Banco Bpm e, appunto, Ubi.

Non essendo stata fissata una soglia di capitale, non ci sono né promossi né bocciati, ma il test confluirà nella valutazion­e Srep 2019. Si tratta di un processo di revisione e valutazion­e prudenzial­e che, condotto dalla Bce su capitale, liquidità governance e modello di business, indicherà ad Ubi come alle altre banche, tra la fine dell’anno e l’inizio del 2019, i parametri di adeguatezz­a patrimonia­le (per Ubi, nel 2018 era stato indicato l’8,63%).

Una piccolissi­ma soddisfazi­one è arrivata da Piazza Affari. Già nella mattinata, le indiscrezi­oni circolate in attesa dell’ufficializ­zazione a mercati chiusi, avevano rallegrato l’indice di Borsa dei bancari con Ubi che, alle 13 segnava un rialzo del 3,5%, salvo poi chiudere in calo a 2,826 (+2,65%). Intanto è già tempo di presentazi­one dei risultati del terzo trimestre dell’anno, mercoledì prossimo. Gli stress bancari non finiscono mai.

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I test superati, ieri, hanno favorito Ubi in Borsa
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