Mapelli: pochi carabinieri per le inchieste di peso
In tutta la provincia di Bergamo i carabinieri sono 800, troppo pochi secondo il procuratore Walter Mapelli (a sinistra). «Non è solo una questione di numeri, ma anche di dimensioni e di struttura del territorio», sottolinea. Mancano forze, per il procuratore, anche al Reparto investigativo.
I rilievi, i tabulati telefonici, le telecamere, i testimoni. Poi il nodo del Dna, incrociando l’omicidio della professoressa Gianna Del Gaudio, di Seriate, con il delitto della manager di Colognola, Daniela Roveri. Su Seriate, i carabinieri hanno lavorato in due fasi e ora che le indagini sul marito dell’insegnante sono chiuse il procuratore Walter Mapelli commenta «chapeau ai carabinieri», ma aggiunge che «a Bergamo i carabinieri sono pochi».
Nella Bergamasca ci sono 800 carabinieri. Lei sostiene che sono pochi, ma è un problema diffuso.
«Non è solo una questione di numeri, ma anche di dimensioni e di struttura del territorio. Quello di Bergamo è molto grande, caratterizzato da piccole comunità e ampie distanze. Con queste caratteristiche geografiche, la dispersione è evidente. In altre province, i carabinieri possono andare da una zona all’altra con maggiore facilità mentre qui, passando dalle valli alla Bassa, per esempio, è difficile fare sistema».
Ritiene sottodimensionato anche il Reparto investigativo?
«Il numero complessivo dei carabinieri non è adeguato e non lo è nemmeno il numero dei carabinieri che si occupano nello specifico delle indagini di un certo rilievo. Il reparto investigativo indaga sugli omicidi, e ce ne sono, ma anche su altri casi allo stato ancora coperti dal segreto. Sull’omicidio Del Gaudio hanno lavorato in modo certosino».
❞ Non è solo questione di numeri, ma anche di dimensioni e tipo di territorio. Passando dalle valli alla Bassa, è difficile fare sistema Walter Mapelli procuratore
Se la Procura chiederà il processo, Antonio Tizzani sarà imputato a piede libero. Questo non dà l’impressione che la Procura stessa non sia convinta delle (presunte) responsabilità dell’indagato?
«Le indagini sono chiuse, ora l’indagato ha 20 giorni di tempo per farsi interrogare o per presentare una memoria difensiva, poi decideremo se chiedere il processo. Allo stato, riteniamo che abbia commesso lui il delitto. È vero, se chiederemo il processo, Antonio Tizzani ci andrà da libero. Nell’immediatezza dei fatti non avevamo l’arma del delitto, il Dna e altri dati emersi nel corso dell’indagine. Ora siamo convinti che l’omicidio sia maturato in ambito familiare e, a distanza di tempo, anche per questo motivo non abbiamo ritenuto di chiedere una misura cautelare. Non sussisteva il pericolo che la sua aggressività sfociasse in un altro delitto».
Parla di aggressività. Ipotizzate formalmente anche i maltrattamenti.
«Sì, sulla base di testimonianze, anche di confidenze che la signora Del Gaudio aveva fatto a conoscenti e parenti. Sono uno degli elementi del quadro iniziario che ci fa ipotizzare sia stato lui a uccidere la moglie».
Il Dna, però, è un problema. Sui guanti ritrovati nel sacchetto insieme all’arma, in una siepe, c’è un Dna ignoto. L’aplotipo Y è lo stesso di quello del presunto killer di Daniela Roveri.
«Questo dato è un elemento di disturbo, è innegabile, ma è stato superato dalle indagini. Polizia e carabinieri hanno incrociato i dati dei tabulati telefonici delle persone che si trovano nei luoghi dei due omicidi e hanno prelevato loro il Dna, ma non è emerso nessun dato in comune».
Esclude quindi l’ipotesi del serial killer?
«A questo punto delle verifiche, è molto improbabile che ci sia un serial killer».
Resta però il nodo dell’aplotipo Y.
«Nel delitto di Seriate abbiamo un Dna completo, in quello di Colognola solo l’aplotipo Y. Lo spettro della probabilità che siano della stessa persona è molto ampio, quindi non dà indicazioni utili. Inoltre, bisogna porsi un’altra questione. Per Seriate, si parla del Dna isolato sui guanti in lattice nel sacchetto: e chi dice che l’assassino della signora Del Gaudio li indossasse?».