Cassisi-Amaddeo, mini guerre in corsia
Il primario sotto processo e il medico che lo accusa: storie di ordinari sgambetti
Scelte mediche importanti, come sulle operazioni, ma anche piccole guerre quotidiane. È lo spaccato emerso al processo al responsabile della Chirurgia maxillo facciale, Antonino Cassisi, accusato dal collega Paolo Amaddeo. Dalle testimonianze sono emerse mail per segnalare un pranzo senza aver timbrato il cartellino, un armadietto spostato in corridoio, procedimenti disciplinari e ricorsi.
A metà della deposizione come capo dell’ufficio disciplinare dell’ospedale Papa Giovanni, Giuliana Bertocchi sbotta: «Da un lato il dottor Cassisi, dall’altro questo». «Questo» è il chirurgo Paolo Amaddeo, 61 anni, parte civile al processo in cui Antonino Cassisi, 59 anni, responsabile della Chirurgia maxillo-facciale, è imputato di maltrattamenti, peculato, abuso d’ufficio e falso.
La frase è lo specchio della tensione in corsia, lei si trovò in mezzo. «Cassisi mi chiese, dopo mesi che la situazione non gli sembrava risolvibile, come richiamare Amaddeo all’ordine. Era stato assegnato alla Medicina del lavoro per tre giorni alla settimana, ma un giorno stava in struttura senza mettersi a disposizione del reparto». Amaddeo si infuriò perché Cassisi scrisse che «censurava» il comportamento. «Venne da me a lamentarsi che avevo suggerito io un sanzionamento», sempre Bertocchi, che parla di «pagliacciata» e «lavata di testa». Come finì (un altro procedimento disciplinare venne archiviato), glielo ricorda l’avvocato di parte civile, Federico Pedersoli: «La censura venne impugnata davanti al tribunale nel procedimento di mobbing e si concluse con una transazione con l’ospedale per 50.000 euro». Un altro episodio dimostra che tra i due medici era guerra aperta. Bertocchi, in ferie per Pasqua, il 20 aprile 2014 ricevette una mail da Amaddeo: «Mi segnalava un pranzo di Cassisi alla Marianna, uno dei bar interni all’ospedale, senza aver timbrato la pausa. Una settimana dopo mi scrisse per confermarmelo». Le suggerì di valutare «se è il caso di informare la procura della Repubblica», legge la mail in aula. Di seguito «continuava a telefonarmi per chiedermi se avevo provveduto». Lei invitò Cassisi a regolarizzare la timbratura, ma è stata chiara: «Amaddeo non avrebbe dovuto segnalarlo a me, ma al suo capo dipartimento». E aggiunge: «Non si può denunciare alla Procura per una mancata timbratura. Anche a me è suc- cesso». La guerra era per piccole questioni, ma anche per scelte mediche. Le ha elencate in mezzo a una serie di «non ricordo» il chirurgo Antonino Puccio, 40 anni, bombardato di domande dal pm Giancarlo Mancusi e dall’avvocato Dario Romano (per l’imputato), oltre che da Pedersoli. Lo scorso anno anche lui si è lamentato in direzione sanitaria per uno scontro con Cassisi, per questioni personali. «C’erano divergenze tra Cassisi e Amaddeo?». «C’erano forti confronti, perché Cassisi dava indicazioni che tutti seguivamo, mentre Amaddeo si permetteva di non seguirle». «Cassisi riprese Amaddeo per aver operato da solo?». «Aveva proibito di operare senza un secondo chirurgo». «Cassisi riprese Amaddeo sugli archivi fotografici?». «Cassisi è molto esigente sull’archivio fotografico».
Puccio rientrò dalle ferie per assistere, guardando, alla ricostruzione del volto di una bimba armena. Il neurochirurgo Bruno Resmini, 67 anni, che operò con Cassisi, ricorda la presenza di medici esterni, uno da Innsbruck: «Come osservatori, non parteciparono». Andavano verbalizzati? È un nodo, perché secondo il pm, nei verbali di alcuni interventi, vennero omessi i nomi di chirurghi presenti. Le schede delle operazioni sono informatizzate, si possono inserire solo i nomi dei chirurghi dell’ospedale, ma la descrizione dell’operazione si può compilare liberamente. È un dettaglio, forse, ma se ne riparla a processo. L’armadietto di Amaddeo finì in corridoio. Puccio, che condivideva lo studio con lui, ha spiegato che la disposizione venne modificata per far arrivare la luce alle scrivanie. Il pm: «Vennero spostati tutti gli armadietti?». Risposta: «Il mio è rimasto in stanza».
❞ Il neurochiurgo Operai con Cassisi la bimba armena: i medici esterni guardarono senza intervenire