Corriere della Sera (Bergamo)

«Operaia» con tesoretto svizzero Dal tribunale no al dissequest­ro

La difesa: soldi suoi. Ma il gip dà ragione al pm: reati del marito

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Gli avvocati Gabriele Casartelli e Matteo Bandello hanno tentato di ribaltare le carte della Procura, per sbloccare sette milioni e mezzo dei nove (beni inclusi) sequestrat­i a Carmen Testa, 60 anni, con villa ad Arcene. Sono soldi frutto dell’evasione personale, il marito defunto non c’entra nulla, è la sintesi della difesa. Ma per ora, le carte restano come le ha messe in fila il pm Nicola Preteroti, che ha ritenuto inammissib­ile la richiesta degli avvocati di scongelare il denaro: il gip Maria Luisa Mazzola gli ha dato ragione.

Il sequestro è scattato per l’ipotesi di riciclaggi­o, nell’ambito della procedura della voluntary disclosure, una sorta di pace con il fisco attraverso il rimpatrio di somme e beni messi all’estero. È come dire: «È vero, ho evaso, ma ora troviamo un accordo per chiudere il conto». La legge italiana lo consente. Ma non se il denaro è provento di altri reati, come il riciclaggi­o, appunto. A Carmen Testa, sulla carta operaia ma secondo la finanza socia di fatto di un’immobiliar­e insieme ad uno dei figli, il tesoretto è stato congelato perché ritenuto il provento di reati fallimenta­ri e fiscali commessi dal marito Giuseppe Pio Previtali, morto nel 2007 a 50 anni.

Soldi messi al sicuro in Svizzera, tra il 1991 e il 1998, che corrispond­erebbero a una parte dei 31 miliardi di vecchie lire, secondo la finanza distratti dalla Gifa Costruzion­i, l’impresa edile di cui Previtali era amministra­tore. Sette milioni sono stati bloccati alla banca BSI di Lugano, su un conto intestato a una società offshore del Belize (America Centrale). Il resto sono l’80% delle quote della società immobiliar­e di famiglia, 25 appartamen­ti ad Arcene, terreni, una moto Ducati Desmosedic­i e la Bmw della padrona di casa.

Se gli avvocati fossero riusciti a riportare il denaro all’evasione fiscale personale, dunque alla voluntary disclosure, avrebbero sbloccato il sequestro. Il pm ha obiettato che già il Riesame aveva confermato

Il mercante d’arte A giorni la decisione del Riesame sui quadri e sui domiciliar­i di Gianfranco Cerea

una prima volta i sigilli e che tutto quanto è stato sequestrat­o è riconducib­ile al marito dalla signora. Le motivazion­i con cui il pm ha detto no al dissequest­ro hanno convinto il gip. Nell’ordinanza originaria di sequestro, per altro, il giudice aveva sottolinea­to che nell’interrogat­orio, la signora disse mezze verità. Per esempio, «di non conoscere i coindagati del marito e nemmeno le società coinvolte, ma era emerso altro dalle intercetta­zioni telefonich­e». È invece in attesa della decisione del Riesame Gianfranco Cerea, l’esperto di finanza a cui sono stati sequestrat­i 25 milioni di beni, quadri sopratutto. Per lui l’ipotesi è doppia: finta voluntary disclosure e auto-riciclaggi­o. Doppio anche il Riesame: contro i beni bloccati e contro la misura cautelare degli arresti domiciliar­i. Le decisioni dei giudici dovrebbero arrivare entro la settimana.

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La villa La casa di Arcene di Carmen Testa, 60 anni, operaia sulla carta ma ritenuta socia di uno dei figli, a cui la Procura ha sequestrat­o nove milioni tra tesoretto e altri beni

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