Imogen e gli altri Gran finale JazzMi
La cantautrice chiude il festival in Triennale
Un’elettronica sinuosa e melodica, guanti ipertecnologici che suonano e impostano ritmiche ed effetti con una torsione del polso, un personaggio carismatico in scena. È Imogen Heap che a 12 anni già componeva musica sul suo Atari. Fin dall’inizio, un percorso personale quanto originale con la svolta del 2009 quando un laboratorio creativo ha cominciato a lavorare per lei «trasformando» le sue mani in tastiere grazie a speciali microchip ricettori dei movimenti umani. Sempre più maturo ed evocativo, il mondo sonoro della Heap chiude la terza edizione di Jazzmi in Triennale (ore 21, ingr. 39/30) in contemporanea con Paolo Conte agli Arcimboldi (ore 21, ingr. 86/34) e i Yellowjackets al Blue Note (ore 21 e 23, ingr. 25/35 euro).
La cantautrice e ingegnere del suono porta sul palco della Triennale look sempre evocativi e soprattutto i brani tratti dai dischi «Sparks» e «1989» (quest’ultimo le è valso il secondo Grammy) che in scaletta affiancheranno alcuni brani inediti con la vocalist inglese affiancata dal gruppo Frou Frou, riunito l’anno scorso. Imogen interpreta anche il brano «Tiny Human», prima composizione ad utilizzare contratti 3.0 su una «blockchain» che tutela su server dedicati le royalities degli autori. Gli altri due concerti di chiusura sono affidati a Paolo Conte agli Arcimboldi dove il cantautore astigiano festeggia i cinquant’anni di «Azzurro» e agli Yellowjackets che dopo moltissimi cambi di formazione hanno festeggiato l’anno scorso i quarant’anni di carriera sulla scena jazz fusion.
E domani sarà ancora Imogen Heap ospite della Triennale (dalle 10.30 alle 17, ingresso libero), con una serie di seminari dedicati alla tecnologia applicata alla musica.Un primo bilancio dalla parte dello spettatore confer- ma la validità della formula Jazzmi anche se per qualche big non sono mancati gli inconvenienti: John Zorn con Bill Laswell che suona 50 minuti scarsi: conoscendo il personaggio (Zorn) era senz’altro meglio prevedere un supporter per rendere il live di una lunghezza accettabile. Un rilievo anche per il concerto di Maceo Parker: circa 1.000 spettatori all’Alcatraz inspiegabilmente diviso in due da un tendone nero: perché ammassare il pubblico se lo spazio non era un problema? Oltre ai concerti serali, il pubblico ha decretato il successo degli incontri a tema, dei live con jazzisti italiani nei quartieri e nel circuito dei club.