Ford, la leggenda della chitarra sul palco del Druso
Al Druso il mito americano della chitarra che collaborò con Dylan e Davis «Se non avessi suonato avrei dipinto»
Tappa bergamasca per Robben Ford, il mito americano della sei corde. L’artista venerdì suonerà al Druso di Ranica (alle 22, ingresso in cassa 35 euro). L’artista ha realizzato 35 album da solista conquistando cinque candidature ai Grammy Awards e collezionando collaborazioni discografiche stellari. Nel 1986 ha accompagnato nei live Miles Davis, facendosi apprezzare dalle platee mondiali. Non solo: ha partecipato ai dischi e ai concerti di George Harrison, Burt Bacharach, Muddy Waters, Bob Dylan, Yellow Jackets e John Scofield. I suoi riff di chitarra marcano anche un paio di tracce hard rock di «Creatures of the night» dei Kiss. «L’esperienza più importante, che mi ha cambiato la vita, è stata accanto a Joni Mitchell — non ha dubbi Ford —. Per due anni ho condiviso con lei il palco, ascoltavo il suo straordinario talento al piano, parlavo e viaggiavo con lei, è una donna sofisticata e un’artista geniale. Avevo vent’anni e mi ha esposto all’influenza dei migliori musicisti, da loro potevo solo imparare, è stato grandioso».
Prima di appassionarsi alla chitarra, Robben prendeva, però, lezioni di sassofono. La svolta è arrivata quando aveva tredici anni. Il padre Charles aveva una formazione blues, dove erano ingaggiati i tre figli. «Mi sono accostato alla musica come qualsiasi ragazzino, avrei preso in mano e suonato qualunque strumento trovassi in giro — aggiunge —. Mio papà era chitarrista e anche i mei fratelli suonavano, quando ho ascoltato il blues di Chicago sono passato all’elettrica, imparare per me è stato molto facile». La sua carriera è decollata proprio in famiglia aprendo, alla fine degli anni ‘60, i concerti dell’armonicista Charlie Musselwhite. A notare il talento dei tre ragazzi Ford, corteggiando Robben, era stato anche Muddy Waters. Nel 1971 la separazione e l’avvio della carriera solista.
A Bergamo, Ford presenterà i brani tratti dal nuovo album, dallo stile southern blues rock, ma in chiave moderna, «Purple house», altri dal precedente «Into the sun». «I miei preferiti sono “Rose of Sharon” e “Indianola”, un pezzo strumentale dedicato a B.B. King — annuncia —. Ci sarà grande spazio anche per l’improvvisazione». E se non fosse diventato un chitarrista, si è mai domandato cosa avrebbe fatto nella vita? «Mi piace l’arte in genere, amo e mi rilassa dipingere e scrivere i testi delle canzoni. So solo che, quando scegli una strada, devi essere credibile e serio».