Sette chilometri in 35 minuti Follia tangenziale
Rondò delle Valli-A4: l’incubo quotidiano
Il navigatore indica tredici minuti di orologio. Ma non calcola il traffico. Possono volerci 35 minuti per sette chilometri di strada, quelli da Ranica all’imbocco dell’autostrada A4. Provare per credere. In una mattina in settimana, partendo alle 7.40 dal paese dell’hinterland, lo svincolo dell’autostrada lo si imbocca solo alle 8.15, quando alla radio lo speaker ha già letto la rassegna stampa dal primo all’ultimo titolo e gli automobilisti tirano accidenti. Mentre le macchine procedono a passo d’uomo, lungo la strada provinciale si scorgono, paralleli oltre la carreggiata, i binari della Teb con i passeggeri fermi alle pensiline. L’impressione è che abbiamo l’aria meno tormentata di chi sta al volante. Il traffico non migliora superato il rondò delle Valli. Quando si vedono all’orizzonte i condomini della Malpensata, sono passate le 8. Attesa al semaforo di Campagnola e poi, finalmente, il casello.
Il navigatore pronostica 13 minuti. Illuso. Non tiene conto del traffico — aggiornare le mappe, una volta scadute, rientra fra i beni di lusso. Da Ranica, inizio della Valle Seriana, al casello dell’autostrada ci vorrà quasi il triplo del tempo: mezz’ora abbondante, per sette chilometri.
Alle 7.25 di mattina, attraversando Boccaleone, si trova il quartiere già ingolfato. Dieci minuti dopo, salendo verso la Valle si può osservare ciò che si affronterà tornando verso la città, per questo test sul traffico. Terrorismo psicologico: quella colonna di automobili è un’avvisaglia a «lasciare ogni speranza». O, senza scomodare l’Inferno dantesco, a mettersi l’animo in pace: studi «scientifici» sostengono che lo stile di guida — furibondo o rassegnato — non incida sulle possibilità di recuperare un ritardo.
Ore: 7.40, Ranica. Potremmo chiamarlo hinterland, se non ci fosse in mezzo un solo municipio, Torre Boldone. Si parte, in modo da essere sulla strada provinciale entro le 7.45. È l’ora di punta, sostiene chi frequenta questo nastro
Il navigatore La app più nota mostra sullo smartphone una striscia «rossa» su tutto il percorso
d’asfalto, con annessi malumori, nel suo pendolarismo quotidiano. Se verso Milano i dolori cronici delle ferrovie incentivano a mettersi al volante, in questo ultimo tratto di Valle avviene curiosamente il contrario: sarebbero meglio i mezzi pubblici. Almeno, questa è la percezione che si ricava mentre si incede a passo d’uomo e si scorgono, paralleli oltre la carreggiata, i binari della Teb. Le persone in attesa del tram alla fermata non hanno l’aria tormentata degli automobilisti. Magari è un’impressione, viziata dalla fantasia di chi vorrebbe evaporare dal sedile.
Google Maps, a differenza del monitor di bordo ormai datato, tiene conto della congestione delle interurbane; la squaderna in una grafica ammiccante e colorata. Verde: tutto okay. Giallo: rallenta-
menti. Rosso: paralisi. Inevitabile, all’orario «killer», essere «confortati» da una striscia rossa che si perde sullo schermo fino al rondò delle Valli.
Attorno alle 7.48 si giunge all’altezza dell’uscita per Torre Boldone. Due minuti dopo è oltrepassata. Si sogna una decompressione, ma la fisarmonica è inesorabile. Di nuovo fermi. Finalmente, nel grigiore — fra strada, clima autunnale e cromature — si avvista il rondò. Alle otto si affianca un cartellone pubblicitario. «Ordinary is overrated», recita lo slogan. Tradotto: «L’ordinario è sopravvalutato». Ma anche no, se agonizzi alla guida. In compenso, c’è tempo per ascoltarsi per intero la rassegna stampa alla radio. Chi non opta per la musica, scommettiamo, ne esce aggiornatissimo. Fra i soliti testacoda governativi sulla Tav, nell’immobilità è quasi familiare e consolatoria la voce dei politici che, guarda caso, litigano sulle infrastrutture mai realizzate o da sistemare.
Si guadagna uno sputo di metri alla volta. Non si comprende, da lontano: la rotonda sembra percorsa da pochi veicoli alla volta. Basta un indeciso — e cioè un non temerario o comunque una persona non votata alla selezione naturale — per arrestare una fila. Poi si passa, illudendosi sia finita, ma l’approccio degli habitué fa scuola: l’incubo continua davanti al comando provinciale dei carabinieri. Due chilometri all’uscita, bofonchia il navigatore. Negli altri abitacoli, si può indovinare dalle smorfie, la guida s’è convertita o in arrembante o in sconsolata. Una automobilista pulisce un vetro dell’auto dall’interno dell’abitacolo, la maggior parte dei compagni di sventure imbraccia il telefonino a oltranza. I più sembrano abituati, remissivi.
Nella stasi, l’esasperazione porta a domandarsi da dove abbia origine il nome, così inusuale, delle circonvallazioni: Mugazzone, Plorzano e affini. Pare fossero gli antichi nomi delle borgate, dice la leggenda.
Alle 8.11 siamo all’altezza della Malpensata, poi — dopo aver arrancato su un altro pezzo di circonvallazione — la rotonda dove si innesta pure via Autostrada. Entro le 8.15, forse, l’A4, con la speranza che almeno lì i numi della viabilità siano clementi. Chi ci s’impantana spesso finisce per abituarsi: è come il corso dei fiumi, ci sono rapide e tratti in cui l’acqua ristagna. Un po’ come avviene per il Serio, placido, dove la montagna incontra la pianura la corrente frena. E chi s’è impaludato quaggiù non vede l’ora di lasciarsi il rondò, e gli incolonnamenti, alle spalle. Per ricominciare, daccapo, domani.
I tempi
Partenza alle 7.40 e arrivo alle 8.15 allo svincolo per l’autostrada
Lo stato d’animo
Negli abitacoli i volti di chi non vede l’ora di entrare in A4: poi chissà come andrà