VENERDÌ NERO
Fate un giro in qualsiasi archivio giornalistico e verificherete che, ancora tre-quattro anni fa, di Black Friday in Italia non si parlava se non perché in alcuni centri commerciali gli americani si ammazzavano (letteralmente, sapete come son fatti…) per conquistare gli sconti migliori. Oggi, seguendo l’onda che ci ha portato a festeggiare Halloween, anche da noi il Black Friday è diventato un giorno da segnare sul calendario. Non solo per i negozi, perfino la Gamec di Bergamo offre un «Black (Hole) Friday» giocando sull’assonanza con la mostra attualmente in corso. La ricorrenza è di pura derivazione statunitense e si inserisce in un nuovo lunario pagano in cui si celebra l’unica vera divinità globale: il consumismo. Ci si può scandalizzare o no per il venir meno della dimensione religiosa; d’altra parte il consumismo ha spazzato via anche l’avversario laico della religione, il socialismo, che sull’altare metteva il lavoro umano. Oggi il Primo Maggio è proprio il momento in cui si conferma il primato del commercio, dell’economia tout court, sul lavoro. L’idea di festività è ormai connaturata all’azione di comprare. Nella versione moderna della Genesi, il settimo giorno Dio va a fare shopping. Quest’anno una coincidenza turba però la data: arriva anche la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Il vero Venerdì Nero è questo: il giorno in cui si ricorda l’altra faccia, quotidianamente brutale, della Grande Festa Senza Pensieri che è diventata la vita in Occidente.