Premio letterario Straparola: sabato l’annuncio del vincitore
Sabato sarà incoronato il vincitore. Nell’attesa di conoscerlo, è intrigante leggere i cinque finalisti del premio letterario Straparola quando scrivono di se stessi, costretti a condensare la propria biografia in poche righe. La premiazione svelerà, nella voce dell’attore Mattia Cabrini, il racconto prescelto, il 1°dicembre nell’auditorium del centro civico San Bernardino di Caravaggio, alle ore 16. Il presidente Raul Montanari e la giuria scioglieranno l’attesa sulla classifica: per ora, vale la pena assaporare le «note» di presentazione, come biglietto da visita degli autori in lizza, che comporranno il fascicoletto distribuito alla cerimonia. Emanuela Arrigoni, di Somma Lombardo (Varese), ha firmato «Contronatura», l’egoismo silente e l’impaziente ingratitudine di una quotidianità familiare. L’autobiografia, però, scaccia l’inquietudine del testo. È pirotecnica. «Sono nata sotto il segno dell’Ariete — interessa? — nel giorno della ricorrenza della commercializzazione del primo vasetto di Nutella, ma anche dell’International Medical Marijuana Day». La dottoressa dichiara l’amore per le «dissonanze, interne e non»: dalla Carmen al «rap god» Eminem. Nelle righe inviate dal milanese Giuseppe Lamarca traluce lo stesso umorismo di «Invidia». «Ho cominciato a scrivere durante i mondiali di calcio del 1994 — rivela —. Avevo un diario in cui appuntavo tutto quello che accadeva nelle partite. Non l’ho mai finito, purtroppo. Dopo la finale persa ai rigori non ho avuto il coraggio di completarlo scrivendo “Abbiamo perso”». E beffardamente la passione per lo sport non si traduce nella pratica. Di Martina Panzarasa, autrice di «Kill Bill», dove la malinconia declinante della vecchiaia non si arena nella tristezza ma si riabilita, si ricevono riferimenti telegrafici: di Vigevano, in provincia di Pavia, è laureata in Storia e vanta un dottorato in Sociologia, si occupa di mafia. Accanto alla lettura, due immagini semplici: «Le piace andare in bicicletta e stare al sole», dice. Tanto è chirurgica, oppressiva, l’atmosfera dei paragrafi di «My name is Maikol», tanto è ariosa la scheda compilata da Andrea Corti di Limbiate. «Andrea soffre molto il caldo — scherza il brianzolo —, il freddo, l’umidità, le correnti d’aria, gli spifferi, le zanzare — specie quelle tigre — e quindi è sereno solo in rarissimi periodi dell’anno». Si anima la grammatica nell’invenzione di «Titolo» (si intitola proprio così), esordio di Dario Frascoli. Da illustratore, il milanese esplora con la matita, anche se subisce il fascino della parola, cui alla fine soccombe. «Qualche decennio più tardi alcuni dei suoi personaggi, stanchi di essere realizzati su commissione, lo incoraggiano a cimentarsi nella scrittura», si schermisce Frascoli. E lui li ascolta. Ha già un vincitore la categoria giovani. Sharon Fera vive a Calvenzano. A 17 anni ha ricamato «Qui, e qui», inno all’amore che non dimentica. Sospesa fra materie scientifiche e studi umanistici, trova nella musica e nello sport la sintesi di queste due anime. «Dò molta importanza alle relazioni umane, che ritengo fondamentali nella vita di una persona, come penso emerga dal mio racconto — riassume —. Per scriverlo ho impiegato alcune notti, unica parte libera della giornata». In attesa di capire dove dirigere il suo futuro, la ragazza si affida a una massima da ritagliare: «Carpe diem».