Arcigay inaugura la mostra con i dati dei medici
«Il 12% dei sieropositivi non sa di esserlo»
«Hiv/Aids. Tra visibile e invisibile». È questo il titolo della nuova mostra della Gamec dedicata al tema, «perché sembra che il problema non esista più, mentre invece i dati dicono il contrario», sottolinea Marco Arlati, presidente di Arcigay Bergamo Cives.
Secondo le previsioni basate sulle statistiche riportate da Serena Venturelli dell’Asst Papa Giovanni XXIII, a Bergamo 360 persone, il 12% dei sieropositivi, non sono a conoscenza del proprio stato. «Per questo è importante sottoporsi allo screening — sottolinea la dottoressa —, che è senza prenotazione, gratuito e anonimo, tutte le mattine dal lunedì al venerdì, all’Ambulatorio infezioni sessualmente trasmesse (MTS) dell’ospedale». Chi risulta sieropositivo inizia la terapia antiretrovirale, che «non porta a guarire, ma tiene la malattia sotto controllo e abbassa drasticamente il rischio di contagio a un partner sano».
Nel 2018 ci sono state 62 nuove diagnosi, e sono 2.589 i pazienti già seguiti dall’ospedale di Bergamo. La maggior parte delle trasmissioni avviene nei rapporti eterosessuali e nella fascia d’età tra i 25 e i 29 anni.
Da qui la necessità di sensibilizzare sull’argomento, come evidenzia anche Paolo Meli, presidente del Coordinamento Il simbolo
Un particolare pinocchio esposto alla mostra promossa da Arcigay alla Gamec. Il personaggio di Collodi considerato in questo contesto come il simbolo delle bugie, raccontate anche a se stessi italiano delle case alloggio per le persone affette da Hiv/Aids. Anche per questo è stata promossa l’esposizione dall’associazione Arcigay Bergamo Cives.
In mostra, fino al 9 dicembre, negli spazi della Gamec, si trovano le opere di Roberto Amodei, Beppe Borella, Matteo Chincarini, Shiva Foresti, Liliana Gilea, Maddalena Lusso, Giulio Locatelli e Camilla Marinoni. «Hanno raccontato diversi aspetti della malattia — dice il curatore Marco Bombardieri — parlando anche della rinascita che si unisce alla presa di consapevolezza, con una narrazione che non ha solo toni cupi».
All’ingresso spicca un Pinocchio scolpito in marmo di Carrara con un profilattico rosso infilato, provocatoriamente, sul naso. «La percezione che l’Hiv sia una malattia da poco — spiega l’autore Beppe Borella — unita a una vita sregolata, degna del Paese dei Balocchi del romanzo di Collodi, genera conseguenze terribili, con una continua diffusione del virus». Anche per questo l’assessore comunale alla Coesione sociale, Maria Carolina Marchesi, spiega che «si continuerà a lavorare, anche per formare la consapevolezza nelle nuove generazioni».