LE CURVE COME LA TV
Il clima era quello che caratterizza l’attesa di certe manifestazioni politiche: più che le ragioni della manifestazione, il numero dei partecipanti, conta la possibilità di scontri in piazza. All’Atleti Azzurri la curiosità era nominalmente sulla partita, ma in realtà si voleva vedere come sarebbe andata a finire con i cori. Intanto, durante il pomeriggio, ha cominciato a circolare in rete un irridente fotomontaggio (peraltro facilmente decodificabile come tale) che ha fatto fibrillare i burocrati della Figc, finché si sono accorti che era uno scherzo. Alle 20.16 i tifosi napoletani hanno intonato un timido «Odio Bergamo». Alle 20.23 in Curva Sud compare uno striscione dal contenuto imprevedibile: «In questa notte stellata, la mia serenata la canto per te». Alcuni cronisti si affannano a cercare indizi di discriminazione territoriale.
Alle 20.27 dalla Nord parte un breve ma sonoro «Odio Napoli».
In tribuna stampa, prevedendo un’interruzione anticipata della partita, qualcuno dei giornalisti più cinici, incattivito dal freddo e dal mestiere, mormora: «Dai che stasera andiamo a casa presto». 20.29, squadre in campo, minuto di silenzio per Flemming Nielsen, accolto compostamente da entrambe le tifoserie. Alle 20.30 calcio d’avvio: come un sol uomo la Nord intona un tonante «Noi non siamo napoletani». Ma appena il coro finisce, la nemesi: il Napoli segna e la curva ha altro di cui preoccuparsi. Per il resto del primo tempo, sporadici «Odio Bergamo» e «Odio Napoli».
Il linguista nota con curiosità che sono le uniche due città di serie A (insieme a Genova) che, col loro nome sdrucciolo, consentono di rispettare la ritmica dello slogan. Alle 20.44 dalla curva ospiti parte una specie di coro-harakiri: «O Vesuvio lavaci col fuoco» (ma potrebbe essere «lavali», il che pone serie domande sulle conoscenze geografiche dei partenopei). A metà del tempo arriva dalla Nord un temuto «Ancelotti terù», ma dura poco. Un cronista napoletano accanto a me si scalda: «Ma stanno dicendo terùn?». Io faccio il furbo: «Ma no, stanno incitando De Roon». Il tempo si chiude con uno scambio degno di nota tra i due spicchi contrapposti della Sud. I napoletani: «Bergamasco, pagaci le tasse!». Gli orobici: «Andate a lavorare!». Viva l’Italia. Nel secondo tempo, praticamente nulla da segnalare. Tutto qui. Niente di peggio e niente di meglio di quello che si può sentire ogni giorno in tv durante un talk show o una tribuna politica. Per non parlare di quello che si legge in rete. Diciamo che siamo nella media dell’insulto pubblico quotidiano; e laddove insulto non c’è, si sottintende il disprezzo muto per l’avversario, o semplicemente il vicino. Poi ogni tanto si ha come un sussulto e via con l’emergenza. In realtà la situazione era così il giorno prima e sarà così il giorno dopo. Come diceva Marco Paolini in una memorabile battuta: l’indignazione è come l’orgasmo. Dura venti secondi e poi viene sonno.