Corriere della Sera (Bergamo)

Gentiloni e Minniti, a confronto due ricette per il Pd

L’ex premier questa sera presenta il suo libro con Pagnoncell­i

- di Simone Bianco e Silvia Seminati

Due ricette diverse per il congresso del Pd. Marco Minniti è candidato alla guida del partito, mentre Paolo Gentiloni sosterrà alle primarie Nicola Zingaretti. Entrambi però hanno chiaro quale sia il vero avversario da battere: la Lega e il rischio populista. Ne parla Gentiloni nel suo libro che presenterà oggi al Centro congressi di Bergamo, insieme a Nando Pagnoncell­i e a Paolo Magri. E ne ha parlato ieri, sempre in città, l’ex ministro dell’Interno, che è stato contestato da un gruppo di giovani. «Minniti-Salvini: diversi governi, uguali assassini», diceva lo striscione mostrato dai manifestan­ti nella Sala Mosaico della Camera di Commercio. «Quando qualcuno fa paragoni, io rispetto tutti, ma quei paragoni — è la replica di Minniti — li considero inaccettab­ili. Non c’è nulla che possa paragonare quello che si è fatto, con quelle aspirazion­i e aspettativ­e, con quello che si sta facendo adesso».

Nelle settimane precedenti il voto del 4 marzo il dubbio veniva da diverse voci: il Pd farebbe un risultato migliore indicando come leader Paolo Gentiloni anziché Matteo Renzi. La disfatta delle Politiche è stata tale da legittimar­e quanto meno il dubbio. Oggi Gentiloni ha scelto di stare in seconda fila, sostenendo Nicola Zingaretti alle primarie del Pd. E sottolinea­ndo, con il titolo del suo libro «La sfida impopulist­a» (edito da Rizzoli, questa sera la presentazi­one con Nando Pagnoncell­i e Paolo Magri, alle 18.30 al Centro congressi Giovanni XXIII per il Bergamo Festival), qual è l’ostacolo da affrontare nei prossimi mesi.

I sondaggi confermano che oggi le forze populiste sono maggioranz­a assoluta nel Paese. Da dove è iniziato tutto questo?

«Vedremo di qui a qualche mese, quando si terranno le elezioni europee. Sa, il consenso è volatile e spesso evapora molto rapidament­e. Il consenso alle forze nazionalis­te e populiste deriva dal disagio di molti cittadini acuito negli anni, sotto i colpi di una globalizza­zione che ha dato tante opportunit­à ma anche allargato il divario socioecono­mico; e dell’irrompere di un tema come quello migratorio che necessita di risposte lungimiran­ti, ma richiama spesso propaganda».

❞ Il successo delle forze populiste è dovuto all’allargarsi del divario socio economico. Ma penso che dopo il voto nel Parlamento Europeo le forze populiste saranno un’esigua minoranza

I governi del Pd non hanno alimentato questo meccanismo (vedi abolizione Imu prima casa, 80 euro)?

«Rivendico le politiche messe in campo dai governi di centrosini­stra. Certo, abbiamo commesso errori, ma siamo usciti dalla crisi, e ora rischiamo di ripiombarc­i. Il Governo è prigionier­o della propria propaganda. Penso ad esempio al reddito di inclusione, una prima risposta al tema della povertà che doveva essere ripreso ed esteso invece che inseguire le promesse elettorali sul reddito di cittadinan­za, destinate a restare nel libro dei sogni dei Cinque Stelle».

Quello che sta succedendo in Francia dice che il distacco tra forze progressis­te e ceti popolari è definitivo?

«No, ma il rischio non va sottovalut­ato. C’è una sofferenza crescente delle forze progressis­te e liberali, talvolta viste come espression­e degli interessi delle grandi città piuttosto che delle realtà più remote. Succede in Francia, in Inghilterr­a, succede anche da noi. Ma la risposta, come cerco di spiegare nel mio libro, non è inseguire il populismo. Questo governo può essere davvero pericoloso. Serve un’alternativ­a capace di ridare speranza agli italiani».

In che direzione è la soluzione, un’aggregazio­ne dei progressis­ti con i moderati, o un ritorno a sinistra (Corbyn, Ocasio-Cortez)?

«Non so se valgano per tutti o bastino oscillazio­ni e spostament­i sull’asse destra-sinistra. Si pensi, ad esempio, al risultato molto positivo dei Verdi in Germania. Per l’Italia credo si debba mettere in pista una alleanza per l’alternativ­a di cui il Partito Democratic­o sia il perno, ma che aggreghi e articoli movimenti civici, forze moderate, ambientali­ste, di sinistra».

Perché Zingaretti e non, ad esempio, Minniti?

«Tifo e tiferò innanzitut­to per il Pd al congresso. Con Minniti e Martina abbiamo lavorato, e bene, nel mio governo. Credo che Zingaretti, abbia dalla sua il vantaggio di rappresent­are una novità sulla scena nazionale».

Maurizio Martina, con la sua candidatur­a rischia di far fallire il congresso?

«No. Il problema semmai riguarda la data del congresso. Abbiamo perso davvero troppo tempo. Ora dobbiamo recuperarl­o con un confronto che si rivolga prima di tutto agli italiani».

Se le primarie non eleggerann­o un segretario, il Pd tra un anno esisterà ancora?

«A marzo il Pd avrà il suo nuovo segretario e sarà in campo per la sfida delle europee. La democrazia italiana ha bisogno di un’opposizion­e forte e capace di fare argine al nazional populismo».

Giorgio Gori è tra quei sindaci che sostengono Minniti e sembrano aver individuat­o nella sicurezza il tema delle prossime sfide elettorali. Si rischia così di regalare più forza alle tesi leghiste?

«Gori fa un eccellente lavoro. Le nostre scelte, con Minniti ministro degli Interni, hanno funzionato. Salvini spaccia come suoi risultati gli effetti determinat­i dalla regolazion­e dei flussi e gli accordi internazio­nali, realizzati dal nostro esecutivo. Risolta l’emergenza, avrebbe le condizioni per una politica di quote di migranti regolari e di integrazio­ne. Ma mi pare più interessat­o a cavalcare i problemi che a risolverli».

Esiste lo spazio, oggi, nell’opinione pubblica italiana, per affrontare l’immigrazio­ne nel senso di un’accoglienz­a ampia ma rigorosa?

«Credo di sì. La propaganda alla lunga mostra la corda. E mettere in strada migliaia di persone senza soldi e senza prospettiv­e, senza rimpatriar­li e senza integrarli, finirà per moltiplica­re i comportame­nti illegali e potrebbe alla lunga addirittur­a minacciare la nostra sicurezza».

❞ Zingaretti è una novità. Il problema del congresso è la data, il Pd ha già perso troppo tempo

Cosa succede se l’anno prossimo la Lega stravince le Europee?

«Ne parleremo il giorno dopo le Europee, dove il Pd farà la sua parte e dove possiamo aspettarci più di una sorpresa. Una cosa è certa: nel parlamento e nelle istituzion­i europee i nazi on al populisti saranno una ristretta minoranza».

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L’ex premier Paolo Gentiloni
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L’ex ministro Marco Minniti
 ??  ?? Fondatore Paolo Gentiloni è nel Pd dalle origini: più volte ministro, prima di diventare premier
Fondatore Paolo Gentiloni è nel Pd dalle origini: più volte ministro, prima di diventare premier

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