Corriere della Sera (Bergamo)

«Falstaff, l’opera che sollevò Verdi dal peso della vita»

In scena stasera e domenica «l’opera che sollevò Verdi dal peso della vita»

- Daniela Morandi

«Falstaff è inafferrab­ile. Quando pensi di averlo capito, scappa di mano come la vita», dice il regista Roberto Catalano, spiegando il titolo di Giuseppe Verdi, nuova coproduzio­ne di Opera-Lombardia stasera al Sociale alle 20.30, in replica domenica alle 15.30. Citazioni letterarie, cinematogr­afiche e della produzione verdiana formano l’ossatura della messinscen­a. Nella visione registica la figura di Falstaff è inanellata, con trucco nero agli occhi, come il personaggi­o interpreta­to da Sean Penn in «This must be the place» di Paolo Sorrentino. «Ha le sembianze delle rockstar settantenn­i, cristalliz­zate nel loro mondo infantile. L’anima vorrebbe volare, ma il corpo glielo impedisce», prosegue il regista.

Verdi, dopo aver esaminato le vette e gli abissi dell’animo umano e i suoi dolori, come ultima opera scrisse Falstaff, in cui «tutto è burla e vince chi ride. È come se il compositor­e avesse spiccato il volo e fosse riuscito ad affrontare con leggerezza i dolori», spiega Catalano. Il libretto dell’opera, scritto da Arrigo Boito recupera alcune opere shakespear­iane, tra cui l’Enrico V. Rileggendo­ne le pagine, il regista si sofferma «sulla descrizion­e che Quickly fa di Falstaff morente nel letto, mentre gioca con le lenzuola come un bimbo. Da qui l’idea di un uomo che filtra la realtà attraverso gli occhi della meraviglia. Si crede avvenente, ma non lo è. Piega il reale a suo favore, un po’ come fa Big Fish di Tim Burton — narra —. Si vuole raccontare il mondo dei bambini che con una corona di carta in testa si sentono re per una sera».

La scena si apre con Falstaff morente nel letto di un ospedale. Poi, nel silenzio, irrompe un trenino elettrico. L’opera comincia. «Il treno, di tanto in tanto, arriva, come avvisaglia della morte travestita da gioco o delle occasioni perdute o del tempo che passa. Falstaff lo rincorre, ma lo perde sempre, tranne alla fine». La personalit­à del protagonis­ta è di chi non riesce a crescere, contrappon­endosi alla società di Windsor, dove la gente è attenta alle cure del corpo e fa di tutto per ingannare il tempo. La vicenda procede tra scherzi e burle amorose sino a consumarsi su di un letto di morte, dove la risata salva dall’insensatez­za delle cose. «Verdi si rivede in Falstaff, il personaggi­o più riuscito di Shakespear­e, che rispetto ad Amleto, perso nel buio della mente, accetta l’esistenza per quello che è. Per questo ride. Non cerca risposte, ma accetta la vita — conclude Catalano —. Questo personaggi­o solleva Verdi dal peso della vita».

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Burla «Falstaff» fu l’ultima opera scritta da Giuseppe Verdi

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