Dovizioso in visita alla Brembo: in sella con la paura
Il ducatista, alle spalle di Marquez nell’ultimo Mondiale MotoGp, in visita alla Brembo di Curno: «Sono un tipo razionale e provo sempre paura in sella»
Nel reparto racing, il rosso delle divise dei dipendenti si fonde con quello della felpa che indossa. È il colore della passione, del cuore che batte. È il colore della Brembo e della Ducati. Andrea Dovizioso è in mezzo a loro, nel rosso mare di quelle 250 maestranze che, nel costruire sistemi frenanti per chi corre in cima al mondo, ci mettono l’anima. Lui, il campione forlivese che autografa poster a raffica, fa selfie e stringe mani a tutti sembra dare un senso compiuto al loro lavoro. Rappresenta la personificazione di un impegno costante, di un’attenzione che traspare dai gesti di chi produce. Perfino i più piccoli, insignificanti come quelli di chi lubrifica alcuni piccoli tondini davanti ad uno schema complicatissimo. O le attente spiegazioni fornite dall’ingegner Silvano Vitali sul controllo qualità.
Ogni pezzo che esce per finire in Formula 1 o in Moto Gp, di test, ne deve superare oltre dieci. Dovi, un secondo posto strameritato in MotoGp dietro Marquez e 245 punti conquistati nella stagione appena finita, quello che già sapeva dei freni suoi, nel Brembo tour di ieri, l’ha visto e l’ha toccato con mano. «C’è una precisione in tutto il processo e una qualità dei materiali pazzesca. In tutto il mondo si montano freni Brembo, anche se dietro alla F1 c’è forse più lavoro», azzarda sorridendo. Il che, come rintuzza il patron Alberto Bombassei, è pure vero, ma forse solo in senso quantitativo e per customizzazioni esasperate. Quattro ruote contro due, ma quando il podio si gioca sul filo dei centesimi di secondo, una frenata, un disco (ora si utilizza solo il carbonio anche in caso di pioggia) e qualche grammo in meno possono fare la differenza. Frenare a 350 all’ora non è un problema. Dovi lo ha fatto il primo giugno al Mugello segnando il nuovo record di velocità della MotoGp (356 km all’ora per l’esattezza). «Se sei sul dritto, puoi anche andare a 380 all’ora che non ti sembra nemmeno di andare così forte — rivela — ma quando lo fai sul mini salto in curva (la curva è la San Donato, ndr) allora lì cambia tutto». Qui, nella fase di frenata in fondo alla discesa, si passa da 356 a 90 km all’ora in 5,2 secondi per uno spazio percorso di 288 metri. Ed è in questa manovra, che Dovizioso svetta nella classifica dei migliori «staccatori», quei piloti cioè che cominciano a frenare più vicino al punto di corda della temibile San Donato. Allora lì arriva la paura. «Non puoi non averla, ma devi gestirla altrimenti ti faresti veramente male. È un aspetto fondamentale del nostro sport. Ti deve accompagnare, devi sentirla ogni volta che spingi più forte, perché sai di dover far sempre meglio. E se non la provassi, passerei il limite troppe volte».
Eppure nella vita di tutti giorni, Dovi se non proprio frenato, è un tipo riflessivo. «Sono molto razionale. In moto, cerco di portare a casa il massimo, ma con la testa, così da fare meno cavolate possibili. Ma serve anche un po’ di fortuna». È questione poi di capire i limiti. «Quelli te li crei tu ogni volta, ma la sensibilità ti viene incontro». A proposito. Per lui gli ingegneri della Brembo già lo scorso anno avevano rispolverato una soluzione tecnica per la gestione del freno posteriore con la leva a mano, la cosiddetta pompa a pollice. Risultato: pinzate calibrate e zero pattinamenti in curva.Il brivido pensiero corre alla più pazza frenata della stagione, quella di Fenati che a Misano tira il freno a Manzi. «Sono sempre stato fuori da questa storia. Ma non è bello, anche perché sono freni che, quando si tirano, frenano forte».
Primato Il pilota detiene il record di velocità raggiunto al Mugello: 356 Km/h