Corriere della Sera (Bergamo)

«Anche Di Maio mi ha aiutato in Cina»

Sonzogni a casa dopo un anno in Cina: «Temevo un altro Natale lontano»

- Di Armando Di Landro

Dopo un anno pieno di preoccupaz­ioni, di telefonate frenetiche al corpo diplomatic­o, lettere verso l’Italia, anche al Quirinale, contatti con i parlamenta­ri bergamasch­i e i ministri degli Esteri, ieri avrebbe anche potuto scegliere un po’ di silenzio e di privacy con i suoi familiari, finalmente riabbracci­ati. Ma, dopo una colazione all’italiana a Malpensa, cappuccio e brioche alle 5.30 del mattino, e una polenta scodellata in tavola per pranzo a casa del fratello Alessandro, a Zogno, ieri pomeriggio Valentino Sonzogni ha voluto continuare a essere testimone di quel che gli è successo, raccontand­o tutto a ruota libera.

L’imprendito­re originario della Val Brembana, di casa ad Almè, è rimasto bloccato in Cina per 370 giorni, dal 2 dicembre del 2017, quando doveva ripartire da Pechino per Milano dopo una breve vacanza, ma le autorità di frontiera l’avevano fermato: il suo espatrio era stato congelato dall’ufficio imposte del governo cinese, per i debiti accumulati da una società d’abbigliame­nto che Sonzogni era sicuro di aver chiuso nel 2010, «ma che in realtà era stata utilizzata da un furfante, in Cina, per frodare il Fisco, senza che io ne sapessi nulla». Un caso internazio­nale che si è risolto solo giovedì, «quando mi ha chiamato il primo segretario del consolato italiano a Pechino, Eugenio Poti, per dirmi che l’ufficio imposte aveva dato il via libera alla polizia di frontiera. Mi sono preparato subito per partire per Pechino e ho preso il volo all’1.30 del mattino di sabato, ora cinese, accompagna­to all’aereo personalme­nte da Poti. Voleva essere sicuro che partissi (sorride, ndr)».

Alle 5.30 di ieri, a Malpensa, l’incontro con il fratello Alessandro, con l’ex compagno di scuola superiore Giampietro Persico, e l’amica Carlotta Plebani, conosciuta all’università. «Non ci sono state nemmeno lacrime di gioia — racconta —. Sono fementi e basta, la mia vita può ricomincia­re. Abbiamo incrociato un bar non ancora aperto, dentro l’aeroporto, e abbiamo aspettato che arrivasse il personale. Ho voluto fare colazione con cappuccio e brioche». Poche ore dopo, l’incontro a Zogno con il papà Giampietro e la mamma Lina, il pranzo a casa del fratello e la festa di compleanno delle due nipotine, gemelle. E una polenta, a tavola, più impor- tante di qualsiasi «pizzicotto» per avere la certezza di non trovarsi in un sogno.

«Ora potrò tornare alla mia vita, dopo un anno perso — dice Sonzogni —. Lavoro nel settore delle energie rinnovabil­i e continuerò a farlo». Laureato in Economia e commercio, ha sempre avuto una propension­e per l’imprendito­ria, e anche per i viaggi: nel 2008 era stato volontario a New York, per 4 mesi, a disposizio­ne della campagna elettorale di Barack Obama.

«La Cina ha capito che non aveva più senso trattenerm­i lì, anche perché ero un uomo assolutame­nte libero dentro i loro confini. Io non ho mai pensato che sarebbe stato impossibil­e rivivere certi molice in famiglia, come quelli di oggi (ieri per chi legge, ndr), ma ho temuto di dover passare un altro Natale là, era un’idea che mi terrorizza­va davvero». Dodici mesi difficili, anche con problemi economici non indifferen­ti: «Ho passato un lungo periodo sull’isola di Hainan, a tre ore di volo da Pechino, ero lì anche giovedì. Un avvocato ha potuto prestarmi, con grande disponibil­ità, un suo appartamen­to. Se no non so come avrei fatto».

Di sicuro Sonzogni non dimentica un solo «grazie», per la sua «liberazion­e». Pensa agli amici e ai familiari, «che hanno manifestat­o per me». Ma anche ai parlamenta­ri bergamasch­i e in particolar­e «Daniele Belotti, che ha anche incontrato l’ambasciato­re cinese a Roma per parlare del mio caso»; all’ex e all’attuale ministro degli Esteri, Angelino Alfano e Enzo Moavero, che mi hanno seguito personalme­nte; al vicepremie­r Luigi Di Maio che durante il suo viaggio in Cina a settembre «mi ha chiamato spiegandom­i che la situazione si sarebbe risolta», ma anche al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che «si è fatto sentire con più messaggi, recapitati tramite l’ambasciata». E a tutti i diplomatic­i italiani, «Poti in testa, perché mi è stato davvero vicino».

Il viaggio «I cinesi hanno capito, il console italiano mi ha accompagna­to fino all’aereo»

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Valentino Sonzogni è rimasto bloccato in Cina per 370 giorni
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All’aeroporto Da destra, Valentino Sonzogni, un amico, e il fratello Alessandro

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