Corriere della Sera (Bergamo)

«Il suo albero» L’ultima intervista al maestro Olmi

L’ultima intervista al regista in un documentar­io girato dalla sua stretta collaborat­rice

- Tosca

«Il giorno in cui morirà la civiltà contadina, morirà l’umanità. E allora come facciamo a non preoccupar­ci di tenere cara questa memoria?». Sono le ultime parole di Ermanno Olmi nel documentar­io «albero, nostro» realizzato dalla filmaker treviglies­e Federica Ravera per i 40 anni de «L’albero degli zoccoli». La pellicola sarà visibile questa sera a Treviglio nell’ambito del Madre terra day organizzat­o dalla condotta Slow Food della Bassa all’auditorium del centro civico alle 21. Ci sarà poi una seconda occasione, sempre a Treviglio, venerdì all’inaugurazi­one del multisala Anteo quando il documentar­io sarà proiettato nella sala intitolata a Bernardo Bertolucci.

In un’ora tra i ricordi degli attori e della troupe rivive sul grande schermo lo spirito del film. Quel che colpisce di più però è l’intervista al regista, l’ultima che ha rilasciato. Un’omaggio quello di Olmi che nasceva dall’aver conosciuto bene la realtà contadina. Lo spiega chiarament­e lui stesso a inizio di «albero, nostro»: «Questa storia parte da molto lontano — dice Olmi —. Inizia quando mi sono domando dove sono nato veramente? Devo dire che i ricordi della mia nascita al mondo riguardano questa terra, queste contrade, questi profumi dell’erba appena tagliata e del latte appena munto».

A confermarl­o la Ravera che è stata una sua stretta collaborat­rice dal 2004 nelle vesti di assistente, operatrice e montatrice. «Ci siamo conosciuti quando ho iniziato a frequentar­e la Cineteca di Bologna — racconta la filmaker —. Studiavo altro all’università, poi un’estate, quasi per caso, ero andata al festival di Locarno e lì ho capito quel che volevo fare. Per questo mi sono iscritta alla Scuola del cinema di Milano e quando c’è stata l’occasione ho iniziato a partecipar­e al laboratori­o che Olmi teneva a Bologna. Ci sono andata per qualche anno, gli facevo vedere quel che giravo e ne discutevam­o. Il tema era sempre l’emozione delle immagini. Poi ha iniziato a farmi collaborar­e con lui. Mi chiamava “Treì” e mi riprendeva sempre per la voglia di strafare».

Dopo il primo lavoro «Ticket», la Ravera partecipa a «Terra madre», «I semplici semplici», «Rupi del vino». «Olmi sul set era come era nella vita — spiega la filmaker —. Era un uomo di valori profondi e le persone erano al primo posto come l’etica del lavoro e l’amicizia. Durante le riprese riusciva a coinvolger­e tutta la troupe nell’atmosfera che voleva, creando una tensione emotiva molto forte. Era la cifra del suo stile. Con lui si respirava non solo il mestiere del cinema ma anche i valori che un mestiere come questo ti offre di comunicare».

Anni di frequentaz­ione in cui il regista alla collaborat­rice treviglies­e raramente accennava al suo film capolavoro. «Era come — spiega la Ravera — se tutto quello che avesse da dire, tutta la massa di ricordi fosse stata trasfusa nel film, dalla vedova Runk, ricalcata sul profilo della nonna a cui era stato legatissim­o, fino alla predica del parroco in chiesa in cui si parla di Lautrec con un chiaro riferiment­o alla Madonna delle Lacrime di Treviglio. Mi accorsi quanto era legato a quel mondo quando gli portavo in regalo un melone di Calvenzano. Si illuminava e diceva: “Ha il sapore della mia infanzia”. La Treviglio attuale non lo attirava molto, però raccontava di voler tornare per vedere ancora una volta il parco del Roccolo perché lì si era sposato».

Un’intervista quella contenuta nel documentar­io che è diventata una sorta di testamento spirituale di Olmi, ma nata quasi per caso. «L’idea di girare un documentar­io sui 40 anni de “L’albero degli zoccoli” — spiega ancora la Ravera — è nata da Marco Redolfi di Mornico, il comune che insieme ad altri sei ha creato un programma di celebrazio­ni. Proprio per la mia collaboraz­ione con Olmi mi hanno chiesto se ero disponibil­e a girarlo. All’inizio ero spaventata di fronte a un film che è un capolavoro. Per questo ho chiesto a Olmi un incontro. Era il novembre del 2016 e doveva essere una chiacchier­ata per mettere a fuoco i temi principali. Così sono andata a trovarlo con l’intenzione di tornare successiva­mente per un’intervista vera e propria».

Subito dopo purtroppo le condizioni di salute del regista hanno iniziato a precipitar­e e Olmi si è spento a maggio dell’anno successivo. «Rivedendo quel filmato mi sono accorta — ricorda la Ravera — che però lui mi aveva già dato tutte le risposte. La sua era quasi un’autointerv­ista, io facevo delle domande, lo provocavo e lui non rispondeva direttamen­te, ma con riflession­i più generali sulla vita. Quando ero di fronte a lui avevo avuto l’impression­e che non parlasse de “L’albero degli zoccoli”, invece quando poi ho iniziato a intervista­re gli attori e quanti avevano lavorato al film mi sono resa conto di quanto Olmi ci avesse già riflettuto e quella era già l’intervista che gli avevo chiesto».

❞ Conobbi Olmi come studente al suo laboratori­o all’Università di Bologna, poi iniziai a lavorare con lui. Quando lo incontrai per parlargli del documentar­io sull’«Alber o degli zoccoli» sembrò solo una chiacchier­ata, ma poi mi accorsi che c’erano già tutte le risposte alle mie domande Federica Ravera Regista

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 ??  ?? Il racconto Il documentar­io «albero, nostro» contiene quella che si può considerar­e l’ultima intervista filmata a Ermanno Olmi, girata nel novembre 2016. Il grande regista è poi scomparso a maggio 2017. Nel documentar­io l’autrice Federica Ravera dialoga con Olmi sui temi che stanno alla base del film capolavoro della sua produzione
Il racconto Il documentar­io «albero, nostro» contiene quella che si può considerar­e l’ultima intervista filmata a Ermanno Olmi, girata nel novembre 2016. Il grande regista è poi scomparso a maggio 2017. Nel documentar­io l’autrice Federica Ravera dialoga con Olmi sui temi che stanno alla base del film capolavoro della sua produzione

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