Corriere della Sera (Bergamo)

PD, L’ESODO SILENZIOSO

Ma molti ex renziani potrebbero convergere su Martina

- Di Simone Bianco

C’è un silenzioso esodo dentro il Partito democratic­o. Il ritiro della candidatur­a di Marco Minniti ha lasciato scoperta un’area grande del Pd, tra i quali molti amministra­tori bergamasch­i che nelle scorse settimane si erano esposti a favore dell’ex ministro dell’Interno in vista delle primarie. E in testa alla carovana di chi sta cercando una nuova collocazio­ne per il congresso nazionale c’è Giorgio Gori. «Il mio partito? È Bergamo, in questo momento», dice. Sono passati solo nove mesi dalle elezioni del 4 marzo, quando il sindaco di Bergamo era il candidato alle Regionali di un centrosini­stra in difficoltà nella partita delle Politiche, ma che si immaginava di poter essere competitiv­o nella sfida per la Lombardia. Gori godeva della credibilit­à costruita come sindaco di Bergamo, confermata anche dalla ampia capacità di raccoglier­e fondi per la propria campagna elettorale. Un milione e 352 mila euro provenient­i da nomi di primo piano della tv e dell’economia milanese (Davide Parenti, Ilaria Dallatana, Piero Bassetti) ma anche e soprattutt­o da industrial­i bergamasch­i che, dice Gori, «mi avevano apprezzato nella mia attività di sindaco». E così, tra gli altri, nomi di punta come Domenico Bosatelli (che aveva versato 50 mila euro), Roberto Sancinelli (altri 50 mila euro), Alberto Bombassei (50 mila euro, attraverso la moglie) avevano testimonia­to il proprio sostegno a un candidato che si definiva «un’occasione per Bergamo».

Ma, tolte Milano e Bergamo, le altre città e gli altri territori lombardi avevano votato compatti per il candidato di centrodest­ra, il leghista Attilio Fontana, che pur godendo di una popolarità inferiore a quella del sindaco di Bergamo lo aveva battuto di oltre venti punti percentual­i, grazie anche e soprattutt­o all’onda salviniana del 4 marzo. Se è vero che — salvo qualche eccezione — dirigenti e militanti del Pd hanno ringraziat­o Gori senza addebitarg­li colpe della sconfitta, è altrettant­o vero che l’idea di una leadership lombarda con baricentro bergamasco si è dissolta di fronte al risultato elettorale. E da lì si è ripartiti per una vera e propria traversata nel deserto, che conduce a dicembre 2018: candidati che si ritirano dopo essersi fatti convincere a fatica a partecipar­e alle primarie (è il caso di Marco Minniti), alleanze impensabil­i solo qualche mese fa (Zingaretti-Franceschi­ni-Gentiloni contro Martina-Delrio-Richetti), il tutto condiziona­to dall’ombra di Matteo Renzi, con un piede fuori dal partito.

Gori, appunto, dice che oggi, dopo aver trainato l’appello a candidarsi per Minniti, si ritrova senza un leader e con la necessità di dare priorità alla città. La sfida per le amministra­tive 2019 è l’unica che abbia una sua concretezz­a e, per altro, è l’unica sulla quale il sindaco abbia preso un impegno preciso. Stare alla larga dalle primarie, che danno l’impression­e di potersi trasformar­e in una rissa nella palude da un momento all’altro, è la prima condizione per risultare credibili alla più ampia area possibile di elettorato cittadino, dentro e fuori il centrosini­stra. Dopo di che, a ridosso del congresso, una scelta andrà fatta e Gori — come molti ex renziani — potrebbe anche approdare nella squadra che sostiene Maurizio Martina. Se non altro, per affinità territoria­le e per la stretta collaboraz­ione avuta su temi locali con l’ex ministro in questi anni. Dall’altra parte Nicola Zingaretti è un candidato che non ha mai chiuso del tutto la porta al dialogo con i cinquestel­le, eppure colleziona il sostegno di due nomi di peso nella storia recente del Partito democratic­o come Dario Franceschi­ni e Paolo Gentiloni, nessuno dei quali tacciabile di tentazioni di un ritorno a un passato in stile Pd bersaniano. In assoluto però l’ipotesi — debole, per la verità — che più metterebbe in difficoltà Gori e diversi altri come lui sarebbe il ritorno sulla scena dello stesso Matteo Renzi. Quello che proprio il sindaco non vorrebbe dover fare sarebbe prendere posizione pubblicame­nte contro l’ex premier. Va detto però che non sembrano esserci le condizioni per una candidatur­a alle primarie per Renzi, se non a rischio di una clamorosa sconfitta. Il timore di Gori è che si celebrino primarie ad alta tensione, con un livello di scontro tale da accendere fuochi autodistru­ttivi nel partito. Nel momento attuale, ad esempio, una competizio­ne acida come quella che nel 2012 vide Renzi perdere contro Bersani sarebbe probabilme­nte fatale per la salute del Pd: appoggiars­i su una struttura così compromess­a per portare avanti una campagna elettorale già non facile sarebbe un rischio molto alto. Anche per questo il sindaco ha attuato delle scelte per riattivare le articolazi­oni civiche del centrosini­stra cittadino, ad esempio con l’elezione

Dimensione civica «Il mio partito è Bergamo», la battuta di Gori, che punta su Carretta per Innova

Porte d’accesso Anche a Bergamo Renziani verso Martina grazie all’appoggio di Richetti e Delrio

del consiglier­e regionale Niccolò Carretta alla guida della Fondazione Innova.

Il destino di Gori si intreccia così con quello di Martina, che nelle prossime ore saprà se attendersi un travaso di forze renziane e quanto consistent­e. È una possibilit­à concreta, a meno che i più stretti collaborat­ori di Renzi non trovino un nome spendibile nelle prossime 36 ore (entro mercoledì vanno depositate le candidatur­e). Altrimenti in molti, anche solo per esclusione, vireranno su Martina, che appunto annovera tra i propri sostenitor­i due nomi pesanti dell’epoca renziana, Graziano Delrio e Matteo Richetti. A Bergamo il sostegno all’ex ministro dell’Agricoltur­a al momento è già stato ufficializ­zato da Elena Carnevali, mentre altri ex Ds come Antonio Misiani sosterrann­o Zingaretti. Resta molto ampia l’area di chi, nella nebbia attuale, fatica a scegliere come schierarsi. Compresi quei sindaci che, come Gori, si erano esposti per Minniti e ora, da Mauro Bonomelli a Pasquale Gandolfi, dovranno ragionare su un’alternativ­a.

 ??  ?? L’asse Maurizio Martina e Giorgio Gori (a destra) hanno sempre mantenuto rapporti molto buoni. Gori avrebbe sostenuto Marco Minniti alle primarie del Pd, ma ora potrebbe convergere su Martina
L’asse Maurizio Martina e Giorgio Gori (a destra) hanno sempre mantenuto rapporti molto buoni. Gori avrebbe sostenuto Marco Minniti alle primarie del Pd, ma ora potrebbe convergere su Martina
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Matteo Renzi
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Nicola Zingaretti

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