Corriere della Sera (Bergamo)

Lina e quel volo sull’asinello per dire grazie

- di Gisella Laterza

Era il 12 dicembre, una sera fredda e limpida. Nell’aria c’era quella sensazione di attesa che spinge gli uomini e le donne a guardare il cielo e ad aspettare che cada la neve per cambiare il colore del mondo. E qualcosa, quella sera, arrivò.

Qualcuno. Una donna, con il viso nascosto da un velo. In groppa a un asino, arrivò a passo lieve nel paese di Lurano. Avanzò tra le case e le strade, nella via principale, accanto alla chiesa vecchia e alla chiesa nuova. La cosa strana era che nessuno se ne accorse, e tutti la lasciavano camminare senza rivolgerle un saluto o un’occhiata. Ma quando lei passava accanto ai luranesi, loro sorridevan­o. Era come un vento invisibile che corre tra la gente e non si fa vedere, ma rinfresca.

La donna uscì dal paese e si diresse verso una cascina. Questa era abitata da due sorelle, dai loro bambini e da nessun altro, perché i mariti, due fratelli, erano morti in guerra, qualche anno prima. Le due donne curavano le bestie e i campi. Tuttavia, erano piuttosto povere e spesso non avevano i soldi per comprare l’olio per la lampada. D’inverno, la loro casa era fredda e buia e sulla loro tavola c’era solo pane secco.

Sul far del tramonto, la donna sull’asinello arrivò all’ingresso. Scese dalla groppa del suo fedele animale. Aspettò.

Una sorella, Lina, corse in cortile ad accoglierl­a. «Benvenuta! Non abbiamo molto da offrire», disse Lina, che aveva la parlata buona e schietta dei contadini. «Però quello che abbiamo glielo diamo volentieri».

«Molto gentile», ringraziò la straniera. «Il mio nome è Lucia».

L’altra sorella, Gertrude, chiese invece, di punto in bianco: «Perché indossa quel velo sul viso?»

Lucia non rispose. Disse invece: «Non ho bisogno di una stanza e dormirò volentieri nella stalla. In cambio della vostra ospitalità, vi darò volentieri un po’ di olio per la lampada. Però, vi chiedo una cortesia: per favore, non entrate nella stalla questa notte, qualunque cosa accada. Aspettate il sorgere del sole».

Le due sorelle erano così stupite che non risposero.

Dopo la cena, Lucia prese una bisaccia con l’olio per la lucerna, che consegnò a Lina e Gertrude. Poi si chiuse nella stalla, accanto all’asinello. Le sorelle tornarono in casa a guardare il cortile dalla finestra. Gertrude era molto sospettosa: «Non ti sembra un comportame­nto strano? Come faceva a sapere che ci manca l’olio per la lampada?»

«Strano, sì, ma avrà avuto i suoi motivi», rispose Lina. «Ora vado da mia figlia Maria. Ha una gran paura del buio, e questa luce le farà bene».

Gertrude, però, non era convinta. Uscì in cortile e si diresse alla stalla. Qui sentì strani rumori e persino delle parole, come se tutti gli animali si fossero messi a parlare! Gertrude non riuscì a resistere. Curiosissi­ma, spalancò la porta per provare a vedere che cosa stava succedendo. Ma non vide niente.

Appena Lucia si accorse dell’intrusa, le gettò la cenere negli occhi e le oscurò la vista. La donna, spaventata e dolorante, gridò e cadde a terra. Nel frattempo Lina aveva sentito quegli strani rumori, ma non voleva tradire la fiducia di Lucia e restò dentro casa, accanto a Maria, mentre la bambina si addormenta­va serena.

Il giorno dopo, al sorgere del sole, Lina andò nella stalla. Trovò sua sorella, addormenta­ta e con la cenere negli occhi, che erano tutti rossi e le bruciavano. «Gertrude, sei entrata nella stanza! Perché

l’hai fatto? Quella donna è stata una benedizion­e per noi. Ci ha portato la luce e Maria non ha più paura del buio...»

«Mi dispiace, mi dispiace», mormorò Gertrude. «Dovrò scusarmi con lei... Ma non posso farlo... Lucia è sparita!»

Lina si guardò attorno e vide che l’asinello era ancora lì. Con decisione, la donna disse: «Forse il suo asinello saprà ritrovarla».

Detto fatto, liberò la bestia e le saltò in groppa. E in quel momento accadde una cosa davvero straordina­ria. L’asinello prese il volo. Come un uccello in primavera, la bestia si mise a volare, con Lina sulla schiena, mentre Gertrude, rimasta a terra, gridava spaventata. Ma Lina sapeva che le cose dovevano andare così e dunque, vincendo la paura dell’altezza, si aggrappò alla criniera dell’asino e chiuse gli occhi.

Lina sentiva il vento sul viso e il calore del sole che sorgeva. Dopo poco tempo, si arrischiò a guardare. L’asinello volava sicuro, andando verso l’alto. Non aveva ali: il volo era proprio una magia. Lina guardò le nuvole sempre più vicine e guardò il paese di Lurano sempre più lontano. Come era piccolo, da lassù! Riusciva però a distinguer­e i campi di granoturco, il castello, il Bosco dei Fontanili e il Bosco dei Ciliegi, le chiese e le cascine. Tornò a guardare su e vide che una nuvola era diversa dalle altre. Dalla forma sembrava un castello, con alte torri bianchissi­me, attraversa­te da un arcobaleno. Un castello fatto di nuvole e sole. Lina era incantata. Si avvicinò e, in groppa all’asinello, raggiunse l’ingresso. Oltrepassò la soglia e si trovò in una stanza grande, grandissim­a e rotonda. Al centro c’era una tavola e sulla tavola c’era un vassoio pieno di qualcosa di strano. Qualcosa che sembrava carbone. Lina non sapeva che cosa fare. La stanza era vuota.

Ad un certo punto, una porta si aprì ed apparve Lucia. Era bellissima, vestita di un abito azzurro che risplendev­a come il cielo d’estate. «Signora — disse Lina, inchinando­si — le chiedo scusa per come si è comportata mia sorella e mi inchino. Lei è di certo una santa».

Lucia si avvicinò all’asinello e lo accarezzò. Si rivolse a Lina. Il velo che Lucia portava sugli occhi lasciava scoperto il sorriso: «Lina, il tuo animo è gentile. Hai riportato qui il mio asinello, che non si lascia cavalcare da chi è crudele. Voglio farti un regalo».

Indicò la tavola apparecchi­ata e il vassoio.

Lina esitò: «Carbone?» Lucia disse: «Chiudi gli occhi, tendi una mano, prendine un pezzo e mettilo in bocca.»

Lina era un po’ timorosa. Avrebbe dovuto mangiare del carbone? Che cosa significav­a? Però si fidava di Lucia. Qualcosa, nel suo cuore, le diceva che poteva fidarsi, come si era fidata e aveva voluto custodire il suo segreto nella stalla. Così chiuse gli occhi, tese una mano verso il vassoio e afferrò un pezzo di carbone. Senza esitare più, se lo mise in bocca.

Era dolce.

Lina riaprì gli occhi. Lucia sorrise ancora: «Gli occhi ingannano, il cuore sa. Questo è carbone di zucchero, brutto da vedere, ma in realtà buonissimo. Prendilo. Portalo ai tuoi bambini. L’olio della lampada che ti ho donato ieri notte vi riscalderà e vi farà luce, e questo dolce vi farà sorridere».

Lina ringraziò, commossa. Ne prese una manciata e subito dopo, senza sapere come, si ritrovò di nuovo a casa. L’asinello non c’era più, ma Lina aveva con sé il carbone di zucchero, che regalò a Maria e ai suoi bimbi. Da allora, tutti gli anni, la stessa notte, Santa Lucia porta dei dolci ai bambini di Lurano e a tutti i bambini del mondo.

Non ho bisogno di una stanza mi basterà dormire nella stalla. In cambio vi darò volentieri un po’ di olio per la lampada

Gli occhi ingannano, il cuore sa. Questo è carbone di zucchero, brutto da vedere, ma in realtà buonissimo. Prendilo, portalo ai tuoi bambini

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(Foto Diffidenti) Santa Lucia nella chiesa di via XX Settembre
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Il disegno di un alunno della scuola primaria di Lurano

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