Legler, l’aria di crisi non fermò gli incassi
Un milione e mezzo tra 2016 e 2017, subito dopo esplose il caso. «Ok al concordato»
La relazione dei commissari giudiziali valuta il piano di concordato della cooperativa Legler «funzionale al soddisfacimento dei creditori». Dalla relazione emerge anche un dato inedito: tra il 2016 e novembre 2017 la coop aveva raccolto un milione e mezzo di euro dai soci-prestatori (titolari di libretto di risparmio). Eppure, i venti di crisi soffiavano già da un pezzo: poco dopo il caso era esploso e i 9 milioni e mezzo complessivi dei soci-prestatori sono finiti nel concordato.
Il passaggio è cruciale. Perché è anche sulla base della relazione dei commissari giudiziali che sarà giudicato il piano di concordato. Per la cooperativa Legler l’adunanza è fissata il 30 gennaio, ma già da ieri, con le 89 pagine depositate in tribunale, i soci prestatori e gli altri creditori possono esprimersi. È importante farlo: ogni non voto sarà contato come un voto negativo. Le conclusioni dei commercialisti Giacomo Giavazzi ed Eva Maria Silvia Maltecca e dell’avvocato Luciano Gabrielli, nella sostanza, danno ragione alla cooperativa e al lavoro sviluppato dai suoi consulenti, gli avvocati Claudio Maroncelli e Dario Donadoni e il commercialista Federico Clemente.
La proposta di concordato «costituisce una soluzione funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori concordatari», certificano dopo avere sviscerato dati e tabelle, resoconti e cifre. Fra le altre, quelle del prestito sociale che da solo vale più di 9 milioni e mezzo di euro. Soldi messi da 813 soci. Se il piano passerà, recupereranno la metà. I commissari evidenziano che la verifica straordinaria effettuata dai funzionari del ministro dello Sviluppo economico ad aprile 2018 ha riscontrato «la correttezza della raccolta e gestione del prestito sociale». Riportano, però, anche alcuni passaggi di denaro. Il 9 gennaio 2018 la cooperativa dispone l’immediata sospensione dei rimborsi. Nei giorni precedenti, dal primo gennaio al 4, sono stati estinti 8 libretti per poco meno di 75 mila euro. Nei sei mesi precedenti risultano prelievi per 874 mila euro. Infine, tra il primo gennaio 2016 (quando viene sospesa la raccolta attraverso nuovi soci) e il 22 novembre 2017 (quando viene sospesa la raccolta dai soci già presenti) è stato raccolto un milione e mezzo di euro. Aria di crisi tirava dal 2012 con l’apertura del centro commerciale di Mapello: la cooperativa poteva gestire diversamente il rapporto coi soci? I commissari non si esprimono. Si limitano a riportare l’esito dell’ispezione ministeriale, a cui fanno riferimento anche nell’analisi delle cause che hanno portato al tracollo: «una fortissima concorrenzialità da vari competitor» e l’e-commerce che ha preso piede. Tuttavia non negano che sia mancata «una capacità di adeguamento organizzativo e strutturale interno alla cooperativa, idonea ad affrontare in tempo reale i cambiamenti». Lo dimostra, per i commissari, il travagliato passaggio dalla gestione di Giorgio Colleoni, dimessosi il primo gennaio 2018, a quella di Giorgio Baresi. «Ora — rilevano i commissari — la cooperativa ha adottato e sta adottando una serie di misure volte a sopperire i ritardi accumulati», una «vera e propria riorganizzazione» per mantenere in vita i negozi e sostenere la dismissione degli immobili. Unico ritocco dei commissari riguarda le percentuali per le tre classi di chirografari: si passa dal 55% al 51% per i soci prestatori, dal 45% al 41% per i fornitori e terzi e dal 40% al 36% per i fornitori storici. «Le percentuali potranno anche essere maggiori — spiega il presidente Roberto Baroni — a seconda dei risultati delle vendite degli immobili oltre che dei risultati della gestione. In caso di omologa, inoltre, potranno essere autorizzati pagamenti parziali anche prima del termine fissato in cinque anni».
Le responsabilità La relazione indica una mancata «capacità di adeguamento organizzativo»