Corriere della Sera (Bergamo)

OPERAI O NUMERI

- Di Armando Di Landro

In carcere c’è un imprendito­re con un nome che forse non dice nulla al pubblico bergamasco: Giuseppe D’Armento, accusato di aver creato un ampio giro di crediti fittizi con il Fisco, grazie a una giungla di coop e consorzi. Diranno qualcosa in più al lettore, invece, i nomi delle società che chiedevano manodopera allo stesso imprendito­re: la Montello, ormai tra i colossi del riciclo di rifiuti, oppure la Coca Cola, in uno stabilimen­to veronese. È solo l’ultimo caso: la Maxwork, mentre creava un buco spaventoso nelle casse dell’Inps, mandava al lavoro più di duemila interinali, alcuni prestati anche dal patron Massimilia­no Cavaliere all’impresa bergamasca impegnata nella costruzion­e della Casa del Sole dell’associazio­ne Paolo Belli. E le cooperativ­e finite al centro di un’altra recente inchiesta per evasione tra Lecco e Bergamo (con tanto di corruzione dell’ex direttore dell’Inps), fornivano manodopera anche a una nota società di spedizioni. Al di là del fronte penale, ce n’è abbastanza per chiedersi dove stia andando il mondo del lavoro. Non sembrano più esistere impieghi manuali che prevedano assunzioni dirette dei lavoratori, con tutte le garanzie del caso: anche in aziende blasonate i facchini, gli operai, sono ridotti spesso a numeri nelle mani della coop di turno, nonostante un ruolo basilare per il committent­e. Anche così, con una interposiz­ione continua di società e consorzi, la gestione del lavoro appare sempre più spregiudic­ata e nelle mani di un mondo, quello delle coop aperte e chiuse all’occorrenza, non proprio limpidissi­mo.

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