Corriere della Sera (Bergamo)

Cala il numero dei richiedent­i asilo L’hotel dei profughi è senza «clienti»

Cosio Valtellino, basta migranti al Rezia. Il titolare: «Ma i turisti non torneranno»

- Barbara Gerosa

È stato uno dei primi ad ospitare i profughi in Valtellina. Con il tempo il suo albergo si è trasformat­o in un vero e proprio centro di accoglienz­a. Per far quadrare i conti, visto che la presenza degli stranieri teneva lontano i turisti. Poi ci sono state le polemiche, sfociate in minacce a sfondo razzista. Infine, quando ormai anche gli abitanti di Cosio Valtellino sembravano aver accettato la situazione, la svolta: niente più migranti all’Hotel Bellevue, che negli ultimi mesi ha cambiato il nome in Rezia Valtellina e ha dovuto fare i conti con la nuova politica sull’immigrazio­ne attuata dal governo.

I richiedent­i asilo ospitati nella struttura nella frazione di Regoledo sono scesi dai 93 dell’ottobre del 2016, il dato più alto registrato, agli attuali 34. Ma anche questi saranno trasferiti nei prossimi giorni in altri centri e l’albergo resterà vuoto. «Me ne andrò in America. Aprirò una gelateria in California o in Arizona», scuota la testa il titolare, Giulio Salvi, che ha sempre difeso la sua scelta cercando di integrare i migranti, uno ha sposato la figlia e lo ha reso nonno, organizzan­do corsi di italiano, coinvolgen­doli in piccoli lavoretti e facendoli affiancare da un’assistente sociale. L’albergator­e ha partecipat­o nei mesi scorsi al bando indetto dalla Prefettura di Sondrio per l’accoglienz­a dei profughi, piazzandos­i al nono posto. Troppo in basso nella graduatori­a per continuare ad ospitare i richiedent­i asilo, il cui numero nell’ultimo anno in Valtellina si è dimezzato. «Quando abbiamo fatto il bando erano 750, ora sono scesi a 440 — spiega Umberto Sorrentino, dirigente dell’ufficio immigrazio­ne —. Da una parte sono diminuiti gli arrivi, dall’altra le pratiche per accertare lo status di rifugiati proseguono celermente. Con il decreto Salvini chi ottiene la protezione umanitaria non può entrare negli Sprar e deve lasciare i centri di accoglienz­a. Anche se tuteliamo le situazioni di maggiore fragilità. Quanto al Rezia, l’offerta economica è stata ritenuta meno valida di altre».

«Questione di pochi centesimi — precisa Salvi —. È chiaro che un albergo ha costi diversi rispetto ad altre strutture. Mi spiace per questi ragazzi: in settimana sette sono stati mandati ad Aprica e Berbenno. Erano confusi e spaventati. Difficile credere che ora potranno tornare i turisti. Sto pensando di iniziare una nuova attività negli Stati Uniti e, se prende piede, di trasferirm­i con tutta la famiglia. L’albergo? L’hanno costruito i miei genitori 50 anni fa, abbiamo fatto importanti investimen­ti per ammodernar­lo, ma non è bastato. Crediamo comunque di aver operato bene in questi cinque anni. E se tornassi indietro rifarei la stessa scelta».

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