Non solo Milan, il poker per capire i destini dei nerazzurri
Gian Piero Gasperini lo ha detto al termine della vittoria sudata con la Spal: «Contro il Milan non sarà un match decisivo». Chiaro l’intento dell’allenatore di stemperare la tensione in una gara, in programma sabato sera, che, almeno psicologicamente, può lasciare il segno nella corsa a un posto al sole in Europa. A livello di punti, invece, dopo l’impegno coi rossoneri, mancheranno 14 match per completare il campionato. Troppi per dare anche solo una dimensione alla stagione che potrà essere osservata quando ne mancheranno dieci, all’ultima pausa per la Nazionale, che comincerà dopo la sfida con il Chievo a Bergamo del 19 marzo. Quello con i veronesi, sulla carta, è la partita meno proibitiva. Lo dice la differenza in classifica (Atalanta 38 punti, clivensi 9) e il numero di vittorie dei gialloblù: una, contro il Frosinone il 29 dicembre. Per il resto, una difesa che sembra un colabrodo (all’andata i nerazzurri vinsero al Bentegodi per 5-1, tripletta di Ilicic) e una stagione iniziata con il piede sbagliato per la penalizzazione di 3 punti causata dalle plusvalenze fittizie in bilancio.
Proseguendo con il rewind, il 10 marzo, l’Atalanta farà visita alla Sampdoria di Giampaorentina, lo. Una squadra incompiuta. Che passa dall’essere designata come «sorpresa del campionato» alle cadute rovinose, come accaduto domenica con la sconfitta casalinga patita dal Frosinone. Quindi, la Fio- programmata ora il 3 marzo. Ieri la Lega ha accolto la richiesta dei viola di modificare la data per onorare al meglio la memoria di Davide Astori, scomparso il 4 marzo di un anno fa. I gigliati sono l’avversario più rognoso del poker (all’appello manca il Torino, i nerazzurri saranno ospiti il 23 febbraio di Belotti e soci) servito dopo la sfida con il Milan. E non solo perché le squadre si affronteranno qualche giorno prima anche nella semifinale di Coppa Italia: l’andata, infatti, terminata con la vittoria per 2-0 per gli uomini di Pioli venne seguita da polemiche infinite per il rigore guadagnato da Chiesa (accusato dal Gasp di essere un «tuffatore») e poi segnato da Veretout.