La versione della sorella: «Aveva il coltello»
Il racconto di Deborha: lei e Marisa aggredite dal tunisino appena arrivate in garage
Ezzeddine Arjoun, il tunisino in carcere per l’omicidio della moglie, a Curno, sarebbe arrivato sul luogo dell’omicidio già armato. La sorella della vittima sostiene che l’aggressione sia avvenuta subito.
Al momento ad Ezzeddine Arjoun, il tunisino di 35 anni in carcere per l’omicidio della moglie Marisa Sartori, di 25, non è contestata la premeditazione. Ma tutti gli elementi raccolti dai carabinieri sembrano portare a una conclusione: nel garage di via IV Novembre, a Curno, l’uomo sarebbe arrivato armato. Stando alla testimonianza della sorella della vittima, di sicuro lo era quando lei e Marisa sono scese dall’auto.
Mancavano pochi minuti alle 19 del 2 febbraio. Sabato. Deborha, 23 anni, era andata a prendere Marisa al lavoro. Poco prima di arrivare a casa, hanno inviato un messaggio vocale alla mamma per chiedere se qualcuno poteva scendere ad aprire loro il cancello. Ma la madre lo ha ascoltato quando già era troppo tardi. Arjoun ha prima ferito Deborha, che è riuscita a lanciarsi verso le scale e a chiamare il padre. Poi, ha accoltellato Marisa con sei colpi, il più profondo al cuore. Ha confessato subito dopo alla caserma del paese, dove si è costituito, ma al pm Fabrizio Gaverini ha consegnato un racconto che poco convince gli inquirenti. Sostiene di avere trovato il coltello, da cucina, con un’impugnatura bianca di plastica, su un bidone del locale rifiuti, dove si era addentrato per cercare qualcosa su cui scrivere un messaggio di scuse alla moglie. Si stavano separando, lei cinque giorni prima lo aveva denunciato all’associazione Aiuto donna. Quando sono arrivate le ragazze e lui, ubriaco e dopo una riga di cocaina, le ha affrontate, Deborha avrebbe cercato di allontanarlo con una frase: «Mia sorella è insieme a un altro » , gli avrebbe urlato. Lui sostiene di essere andato solo a quel punto a prendere il coltello, perché provocato, ma la versione della 23enne è un’altra. Il tunisino avrebbe già avuto in pugno l’arma e l’aggressione si sarebbe consumata in pochi istanti nei quali Deborha, fuggendo con la ferita all’addome, ha avuto il tempo di realizzare che la sorella era stata a sua volta colpita. Nessuno tra i condomini, inoltre, ricorda di avere mai visto quel coltello. I carabinieri lo hanno recuperato in un cortile vicino, le ferite sono compatibili. Ora è al Ris, dai cui laboratori potrebbero arrivare altre indicazioni. (mad.ber.)