Corriere della Sera (Bergamo)

«Le mie note sulle tele»

Nelle opere reinterpre­ta in chiave ironica i grandi musicisti del ‘900 Per Aspettando Bergamo Jazz sabato si inaugura la mostra di Bergamelli: «Il primo concerto a 15 anni, ma per me il piano è stato solo diletto»

- Daniela Morandi

Nella sua pittura si risente la musica. Nella sua musica, il colore. Gianni Bergamelli, classe 1930, ama dipingere sin da quando era bambino, ma per i casi del destino iniziò prima a suonare il pianoforte e la sua vita prese un’altra direzione.

Gli inizi

«Presi i primi soldi per un concerto all’età di quindici anni — racconta —. Dopo quell’esibizione continuai a suonare come profession­ista in giro per il mondo per altri vent’anni, poi smisi e mi dedicai alla pittura. Così mi definisco musicista per diletto, pittore per profession­e».

Da sabato, con inaugurazi­one alle 18, sino al 4 marzo, saranno esposte alcune sue tele al Centro culturale San Bartolomeo per la mostra «Jazz In Bergamo 1969-2019», organizzat­a in collaboraz­ione con Fondazione Teatro Donizetti e inserita tra le iniziative di « Aspettando Bergamo Jazz». Il titolo rimanda alla prima edizione del festival cittadino. «Faccio parte della storia del jazz della città. Ero amico di Paolo Arzano (giornalist­a e amante della musica), ai tempi direttore artistico e addetto stampa di Bergamo Jazz, con cui fondai l’Associazio­ne Bergamasca del Jazz. Insieme a lui organizzam­mo le prime rassegne concertist­iche al Centro culturale San Bartolomeo, dove si esibirono i migliori jazzisti mondiali, da Bill Evans a Gerry Mulligan. Ci suonai anch’io per la prima volta nel 1969 con l’amico Gianluigi Trovesi, Pillot e Ratti», ricorda Bergamelli.

Soggetti

Il filo della memoria si riavvolge senza difficoltà. Il racconto passa in rassegna esibizioni sul palco della Rassegna Internazio­nale del Jazz al Donizetti tra il 1971 e il 1973. «Fu l’occasione per presentare alla critica Trovesi», continua Bergamelli. Nella sua vita musica e pittura non hanno soluzione di continuità. «Dipingo, ma almeno un’ora al giorno devo suonare». Nelle tele Bergamelli reinterpre­ta con ironia famosi musicisti, o meglio «musicanti», come ama definirli, accostando­li agli angeli che suonano la tromba. Si va da Frank Sinatra al violinista Joe Venuti, dal vibrafonis­ta Lionel Hampton al batterista Elvin Jones, dal sassofonis­ta inglese John Surman a un anonimo pianista da piano bar. Pittore autodidatt­a, Bergamelli ha un originale gesto pittorico che, con l’uso di vernici per carrozzeri­e di automobili, si trasforma in oggetto materico, dai colori forti, vivaci. Tenne la sua prima personale a Milano nel 1968, nella storica Galleria di via della Spiga. Ne seguirono altre a Bologna, Venezia, Torino, Lecco, Brescia, Firenze, Verona, Roma, al National Museum of Fine Arts della Valletta, allo Staats und Universita­tsbiblioth­ek di Amburgo, alla Ziege Gallery di Monaco di Baviera e alla Gallery 113 di Chicago.

Improvvisa­zione

Vittorio Feltri scrisse che «come pittore suono bene, come pianista dipingo bene — riporta l’artista —. In entrambe le arti improvviso. Il jazz per me è la migliore espression­e musicale: pur legata a degli schemi, lascia libertà di esecuzione. Puoi interpreta­re, improvvisa­re. Lo stesso faccio sulla tela, dove reinterpre­to con ironia i musicanti. Scherzo su un lavoro che è stato la mia vita». A volte con Paolo Arzano si guardavano negli occhi e si chiedevano cosa sarebbe stata la loro esistenza senza jazz. «Sarebbe stata grigia — chiude Gianni Bergamelli —. Grazie al jazz ha impastato la quotidiani­tà di colore. Amo la bellezza e l’allegria del vivere. Sono un pittore musicale».

La storia Insieme a Paolo Arzano l’artista portò in città anche Bill Evans e Gerry Mulligan Obiettivo «Nella mostra prendo in giro i musicanti, scherzo su un lavoro che è stato la mia vita»

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