Corriere della Sera (Bergamo)

Benvenuta Madonna

Al Poldi Pezzoli «La Vergine leggente» attribuita da Longhi ad Antonello

- Chiara Vanzetto

Questa è una bella storia, di quelle che si vorrebbero raccontare tutti i giorni. È la storia di una donazione fatta al Museo Poldi Pezzoli da Luciana Forti in memoria del padre Mino, imprendito­re e collezioni­sta veneziano: da oggi tra i tesori della dimora storica di via Manzoni compare un dipinto molto conosciuto e più volte esposto, la «Vergine leggente» che Forti acquistò sul mercato antiquario nel 1944 e che il critico Roberto Longhi, in una lettera dello stesso anno, attribuì con un’intuizione geniale alla fase giovanile di Antonello da Messina (1430 circa-1479). Restaurata a cura di Oper Care nel 2006 per la mostra sul pittore siciliano alle Scuderie del Quirinale (quando grazie alla riflettogr­afia si scopre che sotto c’è dipinto un Arcangelo Michele), la piccola tavola ha suscitato tra gli esperti anche altre ipotesi: l’esposizion­e al pubblico nel Salone Dorato del Poldi, soprattutt­o in parallelo alla grande rassegna su Antonello da Messina che apre il 21 febbraio a Palazzo Reale, consentirà agli studiosi di confrontar­si ancora.

Alcuni di loro ritengono che possa trattarsi di una copia da un originale antonellia­no, altri di un’opera di artisti catalani attivi alla corte aragonese di Napoli: in ambiente napoletano si intreccian­o infatti nel XV secolo influssi spagnoli, fiamminghi, provenzali e italiani, e qui soggiorna anche Antonello, allievo del celebre pittore partenopeo Colantonio. «La copia sembra un’idea da escludere: visibile anche ad occhio nudo, sul libro aperto si può vedere un “pentimento”, cioè una correzione nella posizione della mano destra, che un semplice copista non si sarebbe permesso di eseguire — spiega il conservato­re del Poldi Andrea Di Lorenzo —. Inoltre la raffinatez­za esecutiva indica la presenza di un maestro autonomo».

Anche l’ipotesi spagnola lascia dei dubbi: secondo Di Lorenzo c’è un che di inconfondi­bilmente italiano nel dipinto, al di là dell’iconografi­a di origine fiamminga e della resa meticolosa, anch’essa nordica, che spicca nei dettagli della corona e della spilla. C’è il bianco avorio del velo che «buca» la tela con la sua luce, le sue trasparenz­e, i suoi effetti plastici nei panneggi. Ci sono le mani delicate e il libro, avvolto nell’elaborata legatura di cuoio, che suggerisco­no spazialità. C’è la sottile reazione emotiva di Maria, che solleva lo sguardo dalle pagine come persa in un pensiero inatteso che la distrae, forse la turba. C’è poi un elemento concreto, inconfutab­ile: la tavoletta dipinta è in legno di pioppo, essenza usata all’epoca solo in Italia. In sintesi l’autografia antonellia­na, pur difficile da dimostrare, resta la più plausibile. «Ogni ulteriore contributo alla ricerca sarà prezioso — riassume la direttrice Annalisa Zanni —. Le donazioni, quando le opere vengono esposte, sono occasioni uniche per lo studio. Infatti negli ultimi due anni, tra dipinti, orologi, archeologi­a e porcellane, ne abbiamo ricevute più di 300 che presentiam­o a rotazione. Un segno dell’affetto e della stima che i collezioni­sti nutrono per il museo». Sentimenti condivisi da Luciana Forti, che vi aggiunge il ricordo personale: ha voluto che il capolavoro andasse proprio al Poldi Pezzoli anche perché, da ragazzina, suo padre la portava spesso a visitarlo educandola alla bellezza.

 ??  ?? Iconografi­a nordica La «Vergine leggente» donata da Luciana Forti al museo milanese; a sinistra, un particolar­e della riflettogr­afia
Iconografi­a nordica La «Vergine leggente» donata da Luciana Forti al museo milanese; a sinistra, un particolar­e della riflettogr­afia

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