Quando lo sport diventa danza
Al Carcano i Kataklò rispolverano «Play», il loro spettacolo di culto
Nella serata dei duetti al Festival di Sanremo hanno dato corpo alle parole di «Mi sento bene» cantata da Arisa in tandem con l’ex voce degli Spandau Ballet Tony Hadley. D’altronde, la loro immagine saettante nell’aria come in assenza di gravità evoca da sempre salute, atletismo, voglia di rischiare, in un agile connubio tra l’energia sportiva della ginnastica e la plasticità aerea della danza. Rispuntano i Kataklò, sferzati non solo dalla recente esposizione mediatica, ma anche dalle ripetute tournée intorno al globo che li hanno visti raccogliere applausi dal Brasile all’Europa del Nord. Da stasera fino a domenica, al Teatro Carcano la compagnia milanese fondata dall’ex ginnasta olimpica Giulia Staccioli rispolvera il suo spettacolo di culto, «Play», il cui germe scaturì da una richiesta di Candido Cannavò, lo storico direttore della « Gazzetta dello Sport»: «Nel 1995 mi suggerì di creare uno show ispirato alle discipline sportive per celebrare l’imminente anniversario dei cento anni della fa- Reduci da Sanremo I Kataklò in un momento dello spettacolo «Play»
mosa testata giornalistica», ricorda la coreografa. «Ero ancora in America con i Momix ma cominciai a pensarci».
Da quella miccia si accese l’identità della neonata compagnia, la cui denominazione utilizza il verbo del greco antico «io ballo piegandomi e contorcendomi». Da allora i
Kataklò hanno continuato a ballare e a flettersi, non solo dribblando le precarietà del mercato teatrale, ma anche conquistando nuovo pubblico e allevando performer, educati a incrociare sport e arte nella scuola (la prima del genere) dedicata all’athletic dance theatre. Fondata a Milano nel 2010, l’Accademia Kataklò Giulia Staccioli ha sede alla DanceHaus Susanna Beltrami di via Tertulliano 70 (il prossimo open day è il 23 marzo, info: 349.7972768), dove si apprendono le tecniche aeree, i segreti dell’acrobatica e del «partnering» atletico.
«Play» vede oggi in scena la quinta generazione di interpreti che affrontano uno show mutato nell’arco di più di vent’anni: si chiamava «Indiscipline » all’esordio nel 1996 e, nel 2008, ha assunto una nuova forma per rappresentare l’Italia alle Olimpiadi della Cultura di Pechino su invito del Ministero della cultura cinese. Sulle musiche di Ajad, sfila, nelle coreografie di Staccioli, un caleidoscopio di immagini: cartoline dall’Italia del Dopoguerra con biciclette neorealiste su cui pedalare danzando, bagliori dal tennis più glam ispirato alla divina Suzanne Lenglen, istantanee di agonismi sportivi, dalla pallavolo al rugby. Tra sudore e sogno, in una sfida costante che tanto assomiglia alla vita.