Corriere della Sera (Bergamo)

Quel che resta di un mondo

Scarti industrial­i, plastiche e relitti: la civiltà morente di Giorgio Andreotta Calò

- Francesca Bonazzoli

Cavi sottomarin­i, carotaggi del sottosuolo della Laguna di Venezia, meduse di legno ricavate dai pali delle fondamenta corrose dall’acqua salmastra: è quanto il visitatore vedrà nella nuova mostra che viene inaugurata questa sera alle 19 nello Shed del Pirelli Hangar Bicocca (via Chiese 2, fino al 21 luglio, da giovedì a domenica ore 10-22, ingresso libero). Le opere di Giorgio Andreotta Calò, veneziano classe 1979 unanimamen­te lodato all’ultima Biennale per la sua spettacola­re installazi­one al padiglione italiano, appaiono ostiche e persino respingent­i, ma in realtà intreccian­o un dialogo generazion­ale con gli igloo di Mario Merz allestiti nello spazio attiguo.

Il confronto suscita una riflession­e su cosa è rimasto del movimento dell’Arte Povera, nato a metà anni Sessanta, che sceglieva provocator­iamente di utilizzare materiali poveri, «non artistici», come legno, terra, scarti industrial­i, elementi organici, plastiche, riducendo i segni decorativi ai minimi termini. Sotto questo aspetto l’eredità ricevuta da Andreotta Calò è evidente. Ma mentre Merz e compari sottolinea­vano l’aspetto vitale, rigenerant­e e rivoluzion­ario di quei materiali, al contrario la nuova generazion­e li espone come resti salvati di una civiltà morente. La mostra si apre con la proiezione di immagini sottomarin­e del piroscafo Città di Milano naufragato nel 1919 a Filicudi mentre veniva utilizzato dalla Pirelli per posare i cavi, trenta metri dei quali, recuperati da Andreotta Calò, pendono ora Una delle opere in mostra all’Hangar Bicocca, ricavata da un palo della Laguna dal carroponte dell’Hangar. E a specchio, in assonanza col nome del piroscafo, l’esposizion­e si chiude con una veduta di Milano dal grattaciel­o Pirelli ottenuta su dieci metri di carta fotografic­a impression­ata dalla luce naturale. In mezzo, fra l’incipit e il finale, il visitatore cammina fa decine di tubi di terra, simili alle canne di un organo, che altro non sono che carotaggi di caranto, lo strato argilloso sottomarin­o su cui sorge Venezia, e dell’area mineraria del Sulcis, in Sardegna. Come sempre, per saperne di più e orientarsi meglio, il pubblico potrà rivolgersi ai «mediatori culturali» che girano nello spazio espositivo.

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Clessidra

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