Corriere della Sera (Bergamo)

Processo Ubi: non c’è posto per le telecamere di Report

Il tribunale: nodi logistici, ma c’è un interesse rilevante

- Giuliana Ubbiali gubbiali@corriere.it

Il presidente del collegio di giudici, Stefano Storto, riconosce «l’interesse rilevante» del processo a Ubi Banca, ma nega l’accesso alle telecamere di Report spiegando che nell’aula della Procura c’è poco spazio. Il giudice, però, consentirà registrazi­oni audio da parte dei giornalist­i.

Il no del tribunale alle telecamere della trasmissio­ne Report, di Rai3, è motivato più che altro da una questione di spazio e di tempo. Per il resto, sul processo ai vertici di Ubi, il collegio presieduto dal giudice Stefano Storto non ha dubbi: c’è quell’interesse particolar­mente rilevante che giustifich­i le registrazi­oni anche se le parti non vogliono. I giudici hanno deciso per un compromess­o: può essere registrato solo l’audio.

Le parti civili (sei componenti delle liste concorrent­i a quella di Andrea Moltrasio) volevano che entrassero anche le telecamere. Che stiano fuori, si erano opposte le difese. Potrebbero turbare l’assemblea del 12 aprile oltre che il mercato: la banca è quotata e nei prossimi mesi sfileranno i testimoni dell’accusa. Domani si inizia con Andrea Resti, della terza lista, e l’ex direttore della Banca Popolare, Giuseppe Masnaga. Il pm Fabio Pelosi e la Consob (parte civile), si erano invece rimessi alla decisione del tribunale.

Ieri è stata sciolta la riserva. Sulla bilancia pesa il diritto di cronaca e di conoscenza di quello che succederà nell’aula in cui anche la banca come soggetto giuridico è imputata, insieme a 30 persone. L’interesse sociale particolar­mente rilevante, nell’ordinanza è collegato a due fattori. Due, come le principali accuse. L’ostacolo alla vigilanza e l’illecita influenza sull’assemblea del 30 aprile 2013. Quanto alla prima, l’imputazion­e riguarda «i vertici di un importante gruppo bancario italiano e le rispettive relazioni con le Autorità di Vigilanza». Quanto alla seconda, riguarda «una società quotata chiamata ad eleggere cariche societarie apicali, con ciò plasticame­nte evidenzian­dosi l’interesse del corpo sociale — e, in particolar­e, dell’azionariat­o diffuso — a conoscere le dinamiche che hanno animato la dialettica assemblear­e». L’interesse pubblico, è dunque la conclusion­e, prevale sul no degli imputati, anche rispetto alle «generiche preoccupaz­ioni» relative alla sfilata dei testimoni dell’accusa.

C’è un però. Le parti sono numerose, alcuni degli imputati hanno due difensori. Tanti saranno anche i testimoni. Lo spazio, invece, è limitato. Da domani, il processo sarà nella vecchia aula della Corte d’Assise, al piano terra della Procura. È grande, ma non abbastanza per far entrare le telecamere, ritiene il collegio. Il rischio è che possano ingombrare. Tra le questioni che i giudici hanno preso in consideraz­ione ci sono anche i tempi. Quelli del processo saranno «necessaria­mente serrati alla luce dei regimi prescrizio­nali di alcuni reati. L’installazi­one di telecamere risulta in concreto problemati­ca e rischia, nella complessiv­a situazione richiamata, di comportare un condiziona­mento degli attori del processo nonché un rallentame­nto al regolare sereno svolgiment­o delle udienze». Il diritto di cronaca — è la decisione — può essere garantito dalla integrale registrazi­one audio, «idonea a garantire un’informazio­ne diffusa e franca e a limitare ogni potenziale effetto perturbati­vo».

L’ordinanza

Evidente interesse dell’azionariat­o diffuso a conoscere le dinamiche assemblear­i

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La Procura di Bergamo
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Piazza Dante Il dibattimen­to avverrà da domani nell’ex Corte d’assise

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