Un torrente a Romolo
Derivata dal Naviglio Grande l’antica roggia Boniforti taglia in due il Parco Segantini Un’associazione di volontari l’ha ripulita e restituita al quartiere
Chiamarlo ruscello sarebbe improprio. Anche se quando si arriva vicino all’acqua, nascosti dalla fitta vegetazione, avvolti da una natura poco addomesticata, la sensazione è di trovarsi sulle sponde di un torrente di campagna. L’acqua (limpidissima, si possono contare i sassolini uno per uno) è quella del Naviglio: la roggia Boniforti, che taglia lateralmente il parco Segantini, è un canale secondario del Naviglio Grande. «In realtà qui un tempo scorreva davvero un torrente, il Nirone. Correva lungo l’asse sud della città, via Conca del Naviglio, vicolo Lavandai, via Argelati, e da lì in poi fluiva proprio dentro al tracciato odierno della roggia», racconta Riccardo Casalegno, presidente dell’Associazione Parco Segantini. «Il corso del Nirone è stato deviato al tempo della costruzione del Naviglio e nell’alveo vuoto è stata fatta confluire l’acqua del canale, poi utilizzata per l’irrigazione dei campi agricoli appena fuori dall’abitato».
Il silenzio intorno alla roggia è profondo, la luce filtra dalle fronde degli alberi, qualche animaletto selvatico corre dietro ai cespugli. Raggiungerla, però, non è facile. È nascosta nel lato più a ovest del parco e per arrivarci bisogna imboccare un sentierino, dall’ingresso ben celato, e camminare in uno stretto corridoio vegetale, chiuso ai due lati da arbusti, qualche pianta d’alta fusto, alberi da frutta e rampicanti. «Abbiamo ripulito la roggia e tutta l’area intorno metro per metro, poi con l’aiuto di agronomi e paesaggisti, e le braccia di chi abita in zona, abbiamo iniziato a piantumare», fanno sapere loro. Al momento è ancora una sorta di work in progress, ma l’obiettivo finale è chiaro, si punta alla creazione di un’oasi naturalistica con l’acqua come centro vitale.
Il parco Segantini è stato, per oltre un secolo, la tenuta agricola dell’Istituto Sieroterapico Milanese. Dopo il fallimento, alla fine degli anni Ottanta, l’immenso perimetro verde è stato cintato e abbandonato. L’ente pubblico aveva un progetto per un grande parco, che si è arenato a metà strada per mancanza di fondi, il degrado era dietro l’angolo, fino a quando un gruppo di cittadini si è costituito in associazione per affiancarsi all’istituzione. Oggi chi arriva nel parco nota prima di tutto la grande radura, che regala spazio e una bella prospettiva. Ai lati del pratone, la cortina di verde e la roggia, mentre sul lato opposto oltre a un impressionante boschetto di bambù (piantati all’inizio del Novecento, oggi sono giganti dai tronchi di dimensioni ragguardevoli), tre giardini edibili, coltivati dai volontari dell’associazione. «Due sono orti tradizionali, con un bel pergolato e diverse aiuole per gli ortaggi di stagione, uno è invece dedicato a fiori e aromi, e di nuovo l’acqua diventa elemento centrale: nel piccolo stagno nuotano i medaka, i pesci del riso, e fioriscono, anche in questo periodo, meravigliose ninfee».