Corriere della Sera (Bergamo)

«Britten? Moderno ed eccitante»

Isabelle Faust solista nel Concerto per violino Daniel Harding accosta il compositor­e inglese a Berlioz

- Enrico Parola

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Mancano solo tre settimane all’inaugurazi­one della nuova stagione, ma l’ultimo appuntamen­to del cartellone 2018-19 non può certo essere derubricat­o a mero titolo di coda: dopo aver dedicato la prova aperta di ieri alla fondazione Aliante, stasera la Filarmonic­a della Scala si presenta diretta da Daniel Harding nella celeberrim­a sinfonia «Fantastica» di Berlioz e con Isabelle Faust quale fantastica solista per il decisament­e meno noto Concerto per violino di Benjamin Britten. Nella sua ultima tappa milanese Faust aveva affrontato le Sonate di Beethoven, e restando in tema di collaboraz­ioni italiane ha registrato con Giovanni Antonini e gli strumenti antichi del Giardino Armonico l’integrale dei concerti mozartiani: tra le passioni della 47enne tedesca c’è anche la filologia, lo studio delle partiture autografe come base per rendere le proprie interpreta­zioni il più vicine possibile alle intenzioni originarie dell’autore.

«Sono convinta che risalire alla sorgente e guardare i manoscritt­i sia essenziale; non sempre il compositor­e è totalmente sicuro della versione finale di un suo brano, lo si può capire dalle correzioni e dalle varianti che appunta; a ciò aggiungiam­o gli errori Filologica presenti nelle prime edizioni a stampa, che già iniziano ad introdurre discrepanz­e rispetto all’originale». Nel tentativo di ricostruir­e la genesi di un’opera «è affascinan­te seguire il “work in progress” del compositor­e: ad esempio mi ha impression­ato constatare quante versioni anche di una sola frase siano presenti nel manoscritt­o del concerto di Beethoven».

Se l’op. 61 del genio tedesco può essere riscoperta in alcuni dei suoi dettagli, il concerto di Britten è tutto da scoprire: «È un brano davvero eccitante, che apre a tantissimi livelli di lettura», continua Faust. «È un brano stimolante sia per chi lo suona sia per il pubblico che l’ascolta; Britten finì di scriverlo nel giugno del 1939, poco dopo essere arrivato in America, e fu eseguito per la prima volta alla Carnegie Hall nel marzo dell’anno successivo, ma si fa fatica a credere che questo concerto che abbia quasi ottant’anni: sembra sia stato appena scritto». Davanti a tanto fervore espresso da Faust, viene da chiedersi perché quest’opera sia così poco eseguita: «Forse ci sono stati dei pregiudizi e una percezione sbagliata della musica inglese del Novecento; lo reputo almeno dello stesso livello del concerto di Berg, scritto cinque anni prima, ma ben più presente nelle stagioni musicali; però sono fiduciosa che in futuro Britten sarà suonato sempre più spesso».

Faust si è spinta anche vari decenni più avanti di Britten, affrontand­o parecchio repertorio contempora­neo: «Alcuni compositor­i d’oggi non conoscono bene i limiti e le potenziali­tà tecniche del violino, e tra essi c’è chi chiede consigli a noi esecutori e chi invece non vuole confronti: si intestardi­sce sulle proprie idee, quando una maggiore apertura avrebbe migliorato la qualità della sua partitura».

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La violinista tedesca Isabelle Faust, 46 anni. «Sono convinta che risalire alla sorgente e guardare i manoscritt­i sia essenziale», dice
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