E i Rom si accamparono in Oncologia
Reparto «occupato» per settimane. Tensioni con il personale, chiamata la polizia
Un clan di etnia rom ha occupato il reparto di Oncologia per settimane, dopo il ricovero di un’anziana parente. Persone accampate all'ingresso, bambini con i monopattini in corridoio, ordini ai medici sulle cure da dare alla donna ricoverata. Una situazione che per il personale è stata imbarazzante ed è terminata solo lunedì 14, quando la paziente è morta. L’ospedale ha anche chiesto l’intervento della questura. E i parlamentari leghisti ora vogliono un «segnale forte».
Un’anziana paziente ricoverata per una malattia grave. Un intero gruppo familiare, di etnia rom, che per diversi giorni staziona nel salottino e nei corridoi del reparto di Oncologia dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. In orari e con comportamenti che generano tensione con il personale sanitario e — presumibilmente — con il resto dei malati e dei parenti che frequentano il secondo piano della torre 7 alla Trucca. Fino a quando la direzione ospedaliera non arriva a chiedere l’aiuto della Questura, che invia sul posto due pattuglie. Non che sia servito a molto, pare. La situazione si è risolta solo quando, lunedì 14 ottobre, l’anziana ricoverata è morta. A quel punto, i parenti hanno lasciato il reparto, senza altri strascichi.
A raccontare la vicenda Il Giornale, con tanto di audio anonimi di dipendenti del Papa Giovanni che descrivono un clima di grande disagio, durato settimane. Non solo i parenti si sarebbero accampati all’ingresso del reparto, anche nelle ore notturne, ottenendo di poter dormire — facendosi fornire cuscini e coperte — sui divanetti nelle aree comuni dell’Oncologia. Qualcuno si sarebbe spinto, alzando la voce con i medici, a chiedere prestazioni sanitarie particolari per l’anziana malata. Dal racconto dei dipendenti si percepisce una perdita generale di serenità, tra il sovraffollamento ingiustificato del reparto («portavano anche i bambini con il monopattino in corridoio») e i sanitari apostrofati con toni poco civili. Questo, appunto, finché lo scorso 9 ottobre la situazione è parsa così fuori controllo da obbligare la direzione ospedaliera a chiedere l’intervento della polizia.
La domanda è: perché una situazione così è durata tanto, forse addirittura un mese? La direzione generale riceve la prima mail sulla vicenda dal primario di Oncologia, Carlo Alberto Tondini, il 4 ottobre. La seconda è quella del 9 ottobre, quando scatta la chiamata alla Questura. Si tratterà ora di capire se per qualche tempo la situazione sia stata sottovalutata o se, addirittura, i rom abbiano intimidito i medici e gli infermieri del reparto al punto da sconsigliare una «denuncia» alla direzione. L’ospedale tiene a precisare che «l’Azienda ha da tempo attivato sistemi di videosorveglianza e vigilanza interna e si riserva di denunciare illeciti alle autorità competenti». In più, a riprova dell’accresciuta sensibilità sul tema delle aggressioni ai danni del personale ospedaliero, si è formato un gruppo di lavoro che sta valutando gli ambienti più a rischio, con un percorso di formazione per i dipendenti.
In ogni caso, la vicenda ha suscitato l’indignazione della Lega. «È stato superato ogni limite — dicono i parlamentari Daniele Belotti e Simona Pergreffi — situazioni di questo genere non sono più tollerabili se pensiamo anche alle aggressioni fisiche subite dal personale al pronto soccorso nell’agosto del 2018 ad opera sempre di bande di rom. La direzione dell’ospedale presenti denuncia all’autorità giudiziaria e la magistratura vada fino in fondo: va dato un segnale forte contro la strafottenza, l’arroganza, l’inciviltà di questi clan di nomadi che pretendono e minacciano negli ospedali».
Il deputato leghista Alberto Ribolla aggiunge: «Chiederemo che si preveda il riconoscimento di pubblico ufficiale per il personale sanitario aggredito, affinché le denunce per questi reati possano essere avanzate d’ufficio».
Arriva la polizia Per alcune settimane nessuna denuncia, poi chiesto l’intervento della Questura
❞ Ora un segnale forte contro l’arroganza di questi clan di rom Belotti, Pergreffi e Ribolla parlamentari Lega