Corriere della Sera (Bergamo)

Addio al «Cinese», tra i protagonis­ti della mala

Santino Salvioni, di Stezzano, fu arrestato l’ultima volta nel 2009: era latitante. Nel 1977 la fuga da Pianosa

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Il suo nome aveva riconquist­ato le cronache a luglio di 10 anni fa. La squadra mobile di Bergamo l’aveva ammanettat­o alle Cliniche Gavazzeni, dove stava facendo degli esami da latitante. Si era dileguato cinque anni prima, a ridosso della Cassazione che l’aveva condannato in via definitiva per una rapina a mano armata nel 1994, con sparatoria all’ufficio postale di Colnago (Monza e Brianza): un colpo che lui aveva sempre negato, a differenza di altri. «Ma non chiedetemi dove mi sono nascosto perché tanto non ve lo dico», aveva detto lui ai poliziotti. Dai familiari preferiva farsi chiamare Fausto, quel Santino

poco calzante con le sue attività non l’aveva mai convinto troppo. E nel suo giro era per tutti il Cinese, per quegli occhi leggerment­e a mandorla, perfetta cornice di tanti sorrisi beffardi. È stato uno degli ultimi protagonis­ti della mala bergamasca, Salvioni, morto mercoledì a 68 anni: ormai nonno, viveva da tempo a Ponteranic­a con la moglie, ma l’addio sarà oggi nel suo paese di sempre, Stezzano, dove a inizio anni ’90 aveva anche gestito il bar vicino al Comune, nella piazza del centro. Le scorriband­e di un tempo erano ormai lontane, soprattutt­o da quando si era ammalato. Raccontava che in   quel famigerato 6 febbraio del 1977, il giorno della sparatoria a Dalmine con due poliziotti uccisi, Renato Vallanzasc­a e la sua banda stavano andando proprio da lui. Cercavano consigli dai bergamasch­i per un sequestro da fare a Sarnico. Altre imprese non erano mancate. A partire da un giro di opere d’arte rubate nel 1970 nelle ville della zona di Treviglio: tele ritrovate in un box della Geromina dal capitano dei carabinier­i Claudio Ferrara, con denunce per cinque persone. Tra loro anche il presunto autore dei furti, il Cinese. E sempre a Treviglio, stesso anno, si era unito alla banda del maestro Giovanni Battista

Lorenzi, con suo figlio Achille, per la rapina a un commercian­te.

Furti e rapine, un colpo in fila all’altro, e tanta passione per il buon bere e le auto di lusso. Fino a quando i periodi in carcere avevano iniziato a prendere mesi, o anni, della sua vita. Era così già a metà degli anni ‘70, quando si ritrovò nel carcere speciale di Pianosa, in mezzo al Tirreno. A giugno del 1977, dopo aver escogitato un sistema per distrarre una serie di guardie, Salvioni riuscì a scappare con altri quattro, scavalcand­o un muro di cinta e trovando chissà quale modo per attraversa­re il mare.

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Il passato Santino Salvioni: nella foto non era in carcere ma dietro il cancello del Comune di Stezzano

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