Formaggi, vince il «Blue» dell’Oregon
Nel giorno in cui scattano i dazi di Trump. Molto critico il giurato bergamasco
Sembra fatto apposta: nel giorno in cui entrano in vigore i dazi di Trump contro i formaggi italiani, il World Cheese Award in Fiera è stato assegnato a un gorgonzola dell’Oregon. Che ha battuto il Parmigiano, arrivato ex aequo, grazie a una decisione del presidente (inglese) della giuria. Scontento il giurato bergamasco Augusto Semprini: «Si mette a confronto un gioiello con un simpatico esperimento».
Sembrava fatta. Quando si sono visti i sedici giurati passarsi una grossa fetta di Parmigiano stagionato 24 mesi annusandola a occhi chiusi, quando si è sentito una giurata esaltarne «personalità e maturità» e «il finale speziato», quando si è visto per la prima volta il totale dei voti arrivare a 100, insomma sembrava che il World Cheese Award, per la prima volta a Bergamo, andasse al Parmigiano. Invece no. All’ultimo secondo, grazie alla decisione di un giornalista inglese, l’Oscar dei formaggi è andato a un prodotto dell’Oregon.
Proprio nel giorno in cui entravano in vigore i dazi di Trump, il re dei formaggi italiani è stato spodestato dal gorgonzola Rogue River Blue, prodotto partendo dal Roquefort ma avvolto in foglie d’uva immerse in brandy di pere. Aveva già vinto premi nelle edizioni precedenti, tanto che i produttori nemmeno si scomodano ad accompagnarlo: ieri non c’era nessuno a ritirare il premio e la forma vincitrice è stata alzata dai giurati sotto gli occhi stizziti dei reggiani della Latteria Sociale Santo Stefano di Basilicagoiano.
I finalisti sono stati selezionati tra i 3.804 formaggi in gara, che nel padiglione della Fiera occupano una sterminata isola presidiata da vigilanti e punteggiata dai cartelli «Non mangiate questi formaggi». Formaggi di ogni tipo e foggia: bassi e alti; gialli e arancioni; cubici, cilindrici e sferici; immersi nell’olio o riverberanti di muffa; formaggi molli che giacciono sfiniti o quelli così stagionati da avere crepe marroni che ti guardano con aria cattiva sfidandoti ad avvicinarti. Tutto intorno, vassoi per gli assaggi di cubetti, scaglie, fettine e triangoli, su cui i visitatori planano come falchi con forchettine di legno. Una signora guarda preoccupata la burratina: «Quante calorie ha?». «Questo — fa notare la commessa — non è il posto per preoccuparsi delle calorie». Semmai del vestito, visto che la burratina appena azzannata fa l’effetto di una bomba d’acqua. In uno stand gli esperti assaggiatori tengono lezione a una platea dotata di fettine e balloon di vino, invitandola a fare «una valutazione sensoriale di come l’affumicatura invade la papilla». Nell’altro padiglione c’è il «B2Cheese» in cui i produttori incontrano gli operatori del settore. «È stata una scommessa ma è andata bene — commenta il presidente di Forme Francesco Maroni —. Sono stati stretti molti contatti e i risultati si vedranno».
Infine i sedici formaggi finalisti approdano in forma anonima al tavolone. I giurati toccano, annusano e assaggiano dopo essersi lavati la bocca tra uno e l’altro con una fettina di mela o un sorso d’acqua. E poi votano alzando dei cartelli. Lo stesso formaggio può ricevere 7 da un giurato e 3 da un altro. C’è chi dà giudizi tecnici basati sui tannini e sulla spezia dell’Amazzonia usata per le venature. C’è chi boccia perché «c’è una nota centrale di caramella mou» o per «un finale in cui si sente la grotta della stagionatura». Uno definisce un formaggio alpino «un’esplosione» ma un altro stronca: «Finisce lungo». C’è chi si fa trasportare dall’entusiasmo, volano giudizi come «incredibilmente seduttivo e vellutato», «una bellezza incredibile, da innamorarsi», «mai provato prima, ti porta via», c’è chi definisce un formaggio «romantico» e chi ne boccia un altro, «troppo maschile e affermativo». Si ricerca soprattutto l’equilibrio.
Un pecorino molle portoghese incassa tre «wow» dai giurati e sembra avviato alla vittoria, prima che arrivino il Parmigiano («Oh, it’s just Parmigiano Reggiano!», esclama la giurata canadese) e, proprio per ultimo, l’americano. C’è l’ex aequo, decide il presidente della giuria, il giornalista Bbc Nigel Barden: «L’ho scelto perché dice dove sta andando il mondo dei formaggi», spiega. L’unico a dargli 3 è il giurato bergamasco Augusto Enrico Semprini: «Ha scarsa consistenza e non esprime qualità casearia di per sé ma ha bisogno dell’aiuto delle foglie macerate. Non sono d’accordo con la scelta finale: paragoniamo un gioiello con un simpatico esperimento. Il Parmigiano ci sarà ancora fra cento anni. Quest’altro ne dubito».