Corriere della Sera (Bergamo)

Ambrosini, prima visita in prigione

Ufficiale la cattura in Tunisia del commercial­ista latitante. L’incontro con la moglie

- Berbenni

È confermato. Stefano Ambrosini è stato catturato in Tunisia e ora si trova nel carcere di Mornaguia. La moglie gli ha fatto visita ieri: «È avvilito e molto provato, alcuni detenuti gli hanno prestato maglioncin­i e pantaloni», racconta. Sui tempi e le procedure per il rientro al momento non ci sono certezze. Ambrosini, commercial­ista radiato dall’albo, è accusato di avere sottratto un milione di euro da società di cui era stato nominati curatore fallimenta­re.

Attorno al carcere di Mornaguia c’è solo il giallo dei taxi. Il resto è polvere e sterpaglie, un’unica spianata incolore. È in una cella del penitenzia­rio a 14 chilometri da Tunisi che Stefano Ambrosini è richiuso da martedì. È confermato.

Ce lo ha portato la polizia, su mandato dell’Interpol, per il milione di euro che è accusato di avere distillato, bonifico dopo bonifico, dai conti delle società di cui era liquidator­e o curatore fallimenta­re. La moglie Habiba Fradj ieri lo ha incontrato per la prima volta dopo l’arresto raccontato telefonica­mente tre giorni fa, quando dai canali ufficiali ancora non c’erano state comunicazi­oni. «È avvilito e molto provato», fa sapere la donna attraverso Enrico Maria Giaquinta, l’amico siciliano che ha condiviso con Ambrosini i due anni a Susa. È in un appartamen­to della cittadina costiera che l’ex commercial­ista, 57 anni, studio a Bergamo e villa a Torre Boldone, si era rifugiato dopo la fuga, senza ripensamen­ti, dai domiciliar­i. Ce lo aveva portato, a giugno 2017, la Guardia di finanza e allora era bastata una telefonata per convincerl­o a tornare in poche ore dalle vacanze in Sardegna. I tempi e le modalità di questo altro rientro sono ancora da capire, ma di sicuro sarà diverso. Meno indolore. «In questi giorni — riferisce Giaquinta — gli altri detenuti gli hanno fornito abiti e l’occorrente per l’igiene personale. La moglie gli ha portato i suoi effetti personali e ha versato una piccola somma per comprare cibo, sapone, dentifrici­o e altro. Le condizioni fisiche sono molto compromess­e anche perché non può assumere i farmaci abituali per il cuore». Ambrosini aveva avuto un ictus. «Non ci sono altri detenuti italiani — aggiunge l’amico —, ma per fortuna ha conosciuto tunisini che parlano la nostra lingua, è già tanto».

In queste ore, gli inquirenti stanno cercando di capire come si svolgerà la consegna da parte delle forze dell’ordine tunisine: se sarà automatica dopo l’internazio­nalizzazio­ne dell’ordinanza di misura cautelare chiesta dal pm Emanuele Marchisio oppure se, attraverso il Ministero degli Esteri, dovrà muoversi la Procura generale con una domanda di estradizio­ne. La moglie si è rivolta a un avvocato del posto e ha ottenuto il permesso per colloqui settimanal­i. Si erano sposati poco dopo l’inizio della latitanza. Lei dice di conoscere solo vagamente la vicenda giudiziari­a. Era nata dai sospetti della contabile di una delle società «svuotate». In sette anni dal 2010, Ambrosini avrebbe sottratto soldi da 4 aziende di Bergamo, una di Nembro e una di Lallio. È peculato, per la Procura, che ha già chiuso le indagini preliminar­i. Ed è riciclaggi­o nel caso dei 216 mila euro messi nella casa di Torre Boldone, dove, nonostante i sigilli, ancora vive l’ex compagna. I falsi riguardano la contabilit­à aggiustata per coprire i magheggi.

L’amico testimone «Gli altri detenuti gli hanno dato gli abiti per questi primi giorni, alcuni parlano italiano»

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La visita Amrbosini il giorno delle nozze; ha incontrato la moglie ieri

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