Il nostro Anfitrione ha vinto le elezioni
Sergio Pierattini rilegge Plauto Nel cast Gigio Alberti e Barbora Bobulova
Plauto la definiva una tragicommedia e, dopo di lui, il suo «Anfitrione» fu riscritto centinaia di volte, come se tutte le epoche volessero farlo proprio e attualizzarlo. Lo fecero Molière, Kleist e Giroudoux, tra i tanti. La vicenda, e i suoi protagonisti, sono degli archetipi: Giove, il re degli dei, che vuole sedurre la bella Alcmena, sposata al tronfio Anfitrione, e i rispettivi complici e servitori, Mercurio e Sosia. Oggi, in questa nostra Italia, ostaggio dell’incompetenza al potere, Anfitrione è un politico improvvisato, che ha inaspettatamente vinto le elezioni cavalcando l’onda populista. Giove ci ha messo lo zampino, per distrarlo e sostituirsi a lui nel letto di Alcmena, prendendone le fattezze, ma non la rozzezza, e proponendosi quindi alla donna, qui una professoressa di scuola media di una cittadina di provincia, come l’uomo che aveva sempre sognato. E, in un gioco di specchi interclassista, lo stesso farà il diabolico e sfrontato Mercurio, sostituendosi a Sosia, trasformato nel portaborse di Anfitrione, nell’alcova della moglie Bromia.
A riscrivere la commedia plautina, al Manzoni da questa sera, è la penna aguzza di Sergio Pierattini, coadiuvata da un bel cast — Gigio Alberti, Barbora Bobulova, Antonio Catania, Giovanni Esposito, Valerio Santoro e Valeria Angelozzi — e dalla regia di Filippo Dini. «Chi è la divinità oggi? — si chiede il regista — Molière alludeva elegantemente che fosse un esponente della nobiltà, con una neanche troppo velata critica al potere. Per noi, figli della psicanalisi, è una seconda possibilità per il protagonista, Anfitrione: Giove è la sua metà