Truffe agli anziani, sgominata la gang
In cella a Napoli i finti carabinieri e avvocati. Dodici colpi messi a segno a Bergamo
Chiamavano anziani a caso, si fingevano carabinieri o avvocati, dicevano che i loro figli erano nei guai e serviva denaro per aiutarli. In questo modo hanno truffato centinaia di persone incassando 200 mila euro la settimana. La banda era a Napoli, dove sono stati arrestati in 51. Ma l’inchiesta era partita dai carabinieri di Bergamo dopo 12 colpi messi a segno nei primi mesi del 2016 con 150 mila euro di bottino.
C’erano undici diverse specializzazioni, gente che parlava spagnolo o inglese, persone che sapevano fingersi carabinieri o avvocati, un’organizzazione capace di mettere a segno centinaia di truffe tra Italia e Spagna ma anche Inghilterra e California, e di portare fino a 200 mila euro la settimana nelle casse della camorra. Ci sono voluti quattro anni di indagini per azzerare la banda specializzata in truffe agli anziani: la Dda di Napoli ha arrestato 51 persone accusate a vario titolo di associazione per delinquere e truffa agli anziani; per 14 di loro c’è l’aggravante dell’associazione mafiosa per i legami con il clan camorristico Contini, dell’Alleanza di Secondigliano.
L’inchiesta che ha coinvolto anche carabinieri di Milano e Genova è però partita da Bergamo. Tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016 sono arrivate dodici denunce di anziani truffati. Storie identiche: avevano ricevuto telefonate da qualcuno che si era qualificato come avvocato, carabiniere o poliziotto e aveva spiegato che loro figlio era stato coinvolto in un’incidente ma non aveva l’assicurazione, e per toglierlo dai guai serviva denaro o almeno dei preziosi. Gli anziani avevano consegnato tutto a un incaricato che, per combinazione, si trovava in zona. In questo modo a persone fra i 66 e i 90 anni di Pontirolo, Calvenzano, Dalmine, Paladina, Treviglio, Cologno, Calcinate e Lallio sono stati truffati un totale di 150 mila euro in contanti più gioielli. I carabinieri del Nucleo investigativo hanno cercato di capire se le vittime avessero qualcosa in comune, deducendo infine che venivano scelte a caso dagli elenchi telefonici. Così hanno messo sotto sorveglianza i telefoni di noti truffatori e poi ai loro contatti fino ad arrivare a 250 utenze intercettate. Tra gennaio e marzo 2016 hanno così seguito in diretta alcune delle truffe che avvenivano in tutta Italia, arrestando 28 persone in flagranza di reato e denunciandone 22. Ma, anche se le sim per le chiamate venivano tutte acquistate in un negozio di Bergamo, le telefonate partivano da Napoli. E visto che venivano individuati soggetti vicini alla camorra, l’indagine è passata alla Dda napoletana.
Nella banda c’era una precisa gerarchia di ruoli, costituita da undici tipologie di truffatori ognuno con i propri compiti. Dai finti membri delle forze dell’ordine (con tanto di sirena registrata sullo sfondo per dare un tocco di autenticità) o legali che contattavano l’anziano, a chi poi prelevava il bottino. «Io li ho provati tutti e due sulla mia pelle, sono andato sia sopra in casa che a telefono — racconta un indagato in un’intercettazione —. Andare in casa è una stronzata, perché già la trovi con i soldi in mano a quella, il mestiere lo fa chi si mette a telefono». Se incontrava diffidenza, la persona al telefono consigliava all’anziano di chiamare il 112. Ma non agganciava il telefono, così quando la vittima faceva la telefonata rispondeva un complice del truffatore o lui stesso cambiando voce e accento. I criminali non si fermavano davanti a niente: hanno preso denaro a un novantenne immobilizzato a letto o le fedi dei mariti morti che le vedove avevano al collo.
La tecnica I truffatori dicevano di voler aiutare i figli delle vittime finiti nei guai, ma serviva denaro