Le malattie rare: 270 mila euro in borse di studio
Borse di studio, 270 mila euro dalla Fondazione Armr. La presidente Guadalupi: decisivo il legame con il Negri
Nel 1992, in realtà, non esisteva ancora: ma è a quell’anno che va ascritto l’inizio di una storia particolare, cominciata nella Bergamasca e poi andata oltre i suoi confini. Perché quando si tratta di ricerca scientifica, per sfidare in particolare le malattie rare, non ci sono steccati. Lo dimostrano anche certi numeri: sabato prossimo alle 10, nell’Auditorium di piazza della Libertà, la Fondazione per gli Aiuti alla Ricerca Malattie Rare (Armr) consegnerà otto borse di studio e presenterà altre iniziative, per un totale di 270 mila euro raccolti nell’ultimo anno. «Non finiamo di stupirci — racconta la presidente e fondatrice Daniela Guadalupi —. Ogni anno riceviamo cifre inattese, da tutta Italia. Credo incida molto la serietà con cui ci poniamo e in particolare la scelta di vincolare le borse di studio all’attività dei ricercatori dell’Istituto Mario Negri, una garanzia».
Ubi Banca, Unicredit, Fondazione della Comunità bergamasca onlus in ricordo del fondatore Carlo Vimercati, Lions Club, «Soci e amici» dell’Armr e due donatori anonimi, contribuiscono alle otto borse di studio. Dal 5 per mille, da altre iniziative della stessa Armr e dalle sue delegazioni sul territorio italiano (fino a Vibo Valentia), dalla
Bcc di Treviglio, dal Circuito Golfistico Armr «Aldo Valtellina», e anche dall’iniziativa «Camionisti sotto le stelle» ad Arezzo, arrivano invece i fondi per quattro grant di studio europei, altri quattro intercontinentali, un paper award per la ricerca sui tumori rari, un career development program, piani di sostegno agli studi di medicina rigenerativa, poi all’attività del centro clinico e di coordinamento della rete regionale malattie rare, e infine un contributo per apparecchiature e materiale di laboratorio (anche in questo caso per il Negri).
Decisivo proprio l’Istituto di ricerca, in questa bella storia. «Ricordo che alla fine del 1992 organizzai come presidente del Soroptimist Bergamo una raccolta fondi per l’acquisto di sacche di emodialisi da donare al Conventino e da portare in Bolivia, per sostenere i medici di quel Paese — racconta Guadalupi —. All’evento di presentazione arrivarono anche Silvio Garattini e Giuseppe Remuzzi, che ci portarono poco tempo dopo a visitare il cantiere a Villa Camozzi: in quella casa, che era stata anche un covo di garibaldini, tutto stava per essere dedicato alla ricerca. Fu un’esperienza che mi colpì, in un periodo in cui tra l’altro ancora in pochi, a Bergamo, sapevano dell’esistenza e dell’importanza dell’Istituto Negri. Ciò che ci spinse a muoverci e a dar vita a una fondazione, anche su invito di Garattini, è stata un’idea di cultura a sostegno della ricerca. Un’idea che c’è ancora oggi, protagonista della nostra storia».