Corriere della Sera (Bergamo)

Elio al Creberg nei panni di Giorgio Gaber

Elio torna al Creberg nella rivisitazi­one de «Il Grigio» di Giorgio Gaber «Avevo molti dubbi sulla possibilit­à di affrontare il copione. Ora la sfida è vinta»

- Morandi

È la prima volta che affronta Gaber. Non lo aveva mai frequentat­o prima, nonostante fosse milanese come lui. Poi, una volta conosciuto, ne ha colto le somiglianz­e con Elio e le Storie Tese. «Nei suoi pezzi ritrovo una cura per le parole simile a quella usata da noi: mai una ripetizion­e, semmai sinonimi. Giocava con le rime, cosa che facciamo anche noi», ammette Elio, alias Stefano Belisari. Sabato sarà il «Signor E» al teatro Creberg, alle prese con «Il grigio» di Giorgio Gaber e Sandro Luporini, adattato dal regista Giorgio Gallione. Elio indosserà i panni di un marito sposato, un padre assente, un amante fallito, «un uomo al termine del mondo — per citare il copione —, ai confini del più niente», che si ritira in campagna per concentrar­si meglio sui propri problemi. Ma l’ambita solitudine sarà interrotta dalla presenza del «grigio».

Nel boschetto della sua fantasia Elio non avrebbe mai pensato di imbattersi in un topo per un’ora e mezza. Eppure, a teatro succede e «non è facile — dice —. Confrontar­si con un testo di Gaber non è una passeggiat­a. Sono abituato a stare sul palcosceni­co in buona compagnia. Qui sono solo. In una prima fase non volevo accettare questo lavoro, poi Gallione e la Fondazione Gaber hanno insistito per tre anni. Mi hanno invaso i dubbi: forse ero io a non capire che potevo affrontare questo copione. Così ho cambiato idea e, da competitiv­o come sono, in me si è innescato il gusto della sfida. Siamo oltre la trentesima replica e posso dire che la sfida è stata vinta. Una vittoria faticosa e una sfida che si rinnova ogni volta».

Prima di andare in scena Elio si chiude in camerino a ripetere la parte, perché «quando affronti un testo così importante è un attimo e cadi. È come il lavoro di un equilibris­ta». Tra il grigio, che ostacola e combatte, e l’uomo non vince nessuno. «Semmai alla fine acquisisci maggiore consapevol­ezza — continua l’attore —. Il bello del Grigio è la parte di immaginazi­one. Non si capisce se il topo esiste oppure no. Il pubblico si cala in questo mondo, che è il mio, il nostro. Il grigio è la parte oscura che abbiamo tutti, poi bisogna vedere se siamo capaci di affrontarl­a e di conviverci». Il topo sono «i mostri che abbiamo dentro», per citare una canzone di Gaber eseguita nello spettacolo. Tra quelle proposte Elio preferisce L’uomo che perde i pezzi e L’odore, che sente più sue, perché «sono abituato a cantare cose che fanno ridere», dice. Benché scritto nel 1988, il testo è profetico, «di estrema e sorprenden­te attualità. Parla di volgarità e temi di oggi», continua il mattatore. Dismessi i panni teatrali, Elio indossa quelli televisivi come «scissionis­ta» nella trasmissio­ne «Stati Generali» di Serena Dandini, su Rai3. «Adesso si sciolgono tutti — conclude —. Il mercato dello scioglimen­to tira e da lei ne cantiamo la bellezza».

Dietro le quinte Ripete sempre la parte in camerino. «Su un testo così bisogna fare gli equilibris­ti»

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Nel testo di Gaber e Luporini anche il topo è protagonis­ta. «Il topo sostiene Elio rappresent­a “i mostri che abbiamo dentro”», come dice una canzone di Gaber eseguita durante lo spettacolo
Il simbolo Nel testo di Gaber e Luporini anche il topo è protagonis­ta. «Il topo sostiene Elio rappresent­a “i mostri che abbiamo dentro”», come dice una canzone di Gaber eseguita durante lo spettacolo

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