Corriere della Sera (Bergamo)

Sequestro e botte per un debito

Arrestati un imprendito­re e due fratelli vicini ad ambienti ‘ndrangheti­sti

- Paravisi

Aveva pagato 15 mila per le riparazion­i al Cayenne e voleva farsi dare i soldi da chi gliel’aveva venduto. E visto che quello non ne voleva sapere, ha ingaggiato due fratelli calabresi ritenuti vicini alla ‘ndrangheta per convincere il creditore a suon di botte. Questo secondo le indagini della Guardia di Finanza, che ha arrestato il creditore e i due violenti. I quali, per arrivare al debitore, hanno sequestrat­o un suo dipendente in pieno centro una domenica mattina e lo hanno riempito di botte davanti a tutti. Ma sono stati filmati dalle telecamere.

«Ambasciata», la chiamano loro. E intendono con quel termine dare appuntamen­to a un uomo in pieno giorno, prenderlo a pugni in faccia per strada, in auto e in un locale pubblico solo per farsi accompagna­re da un’altra persona che deve sborsare del denaro. Per la procura invece si tratta di sequestro di persona, estorsione, rapina, lesioni e minacce. In carcere sono finiti in tre. Il primo è considerat­o dall’accusa il mandante: Delio Belotti, nato a Villongo 66 anni fa e abitante a Ponteranic­a, con guai passati per reati tributari. Gli altri sono Francesco Romano, 33 anni, e suo fratello Paolo, 39, di Vibo Valentia, ritenuti vicini ad ambienti ‘ndrangheti­sti. Il primo ha avuto problemi per droga, lesioni e porto d’armi. Il secondo è stato in carcere con l’accusa di avere sparato proprio al fratello. Sono nipoti di Pino Romano, già coinvolto nell’inchiesta ‘nduja e oggi in carcere a Bergamo per un’altra vicenda legata al recupero crediti. Ma anche le loro vittime hanno precedenti di vario tipo.

Secondo la ricostruzi­one della Guardia di finanza di Bergamo e del pm Emanuele Marchisio, Belotti ha acquistato una Porsche Cayenne da un imprendito­re di 63 anni di Dalmine. Scoprendo difetti al motore fa effettuare riparazion­i che gli costano 15 mila euro, e ne chiede il rimborso al venditore. Visto che quello non ne ha nessuna voglia, chiede aiuto ai fratelli Romano. I quali, per avvicinars­i al venditore, decidono di farlo in modo trasversal­e, attraverso un suo dipendente e amico. Belotti chiama così R.T., 51 anni, di Azzano, dandogli appuntamen­to alla pensilina dell’Atb di via Paglia la mattina del 7 ottobre, una domenica. Quando l’uomo arriva trova ad aspettarlo i due calabresi, che lo prendono a pugni e schiaffi. Poi minacciand­olo con un coltello gli prendono il cellulare e lo fanno risalire in auto per farsi portare dal datore di lavoro. L’imprendito­re però non è a casa.

Il sequestrat­o dice allora ai due che in una sala giochi di via San Bernardino avrebbe potuto farsi dare mille euro: sapeva però che lì è attivo un impianto di videosorve­glianza che avrebbe potuto riprenderl­i. Nella sala slot trovano solo gente che si spaventa vedendo l’uomo con il viso coperto di sangue. I sequestrat­ori si arrabbiano e prima di lasciare andare la loro vittima gli sferrano altri pugni in faccia sia nel locale che in auto, tanto che diverse persone chiamano la polizia. Dà l’allarme pure sua moglie, anche se poi il marito la sgrida. Quando gli agenti arrivano a casa sua lo trovano con il setto nasale fratturato, lesioni a un occhio: 22 giorni di prognosi. Lui liquida tutto, spiega solo che ha avuto un incontro per risolvere una questione, dice di non aver nulla da denunciare.

Si rivolge alla Guardia di finanza solo quando lui e il suo datore di lavoro cominciano a ricevere telefonate minacciose da Belotti e dai fratelli Romano. I quali, spiegano, non si limitano a chiedere i 15 mila euro per i lavori alla Cayenne, ma ne vogliono anche duemila come pagamento per quella che chiamano appunto «l’ambasciata». Cioè essere venuti a Bergamo per fare, a modo loro, da intermedia­ri. Alla fine riceverann­o un pagamento in natura: pneumatici e cerchioni.

Le telefonate fra i protagonis­ti della vicenda sono state registrate dai finanzieri che infine hanno ottenuto dal giudice Francesca Gaudino i tre arresti. Gli interrogat­ori di garanzia si sono già svolti. Delio Belotti ha negato ogni addebito e il suo avvocato Federico Pedersoli si è riservato di presentare ricorso al Tribunale del Riesame. Cosa che invece ha già fatto il legale dei fratelli Romano, che con il giudice si sono però avvalsi della facoltà di non rispondere.

Il suv Le botte per farsi dare 15 mila euro, pagati per riparare una Porsche appena acquistata

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Pugni Una delle aggression­i ai danni della vittima filmate nella sala slot

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