Ubi, il testimone di Jannone fa retromarcia sulle deleghe
Battaglia accusa-difesa sulle contraddizioni di due ex direttori di filiale
Nell’esposto di Giorgio Jannone, su Ubi, è il dipendente della banca che gli disse di aver visto «scatoloni pieni zeppi di deleghe in bianco, raccolte dalle filiali del Centro Italia». Nel verbale della finanza del 2014, Giorgio Cavalieri, 59 anni, impiegato a Roma, sulle deleghe riferì che «i colleghi avrebbero ricevuto direttive» e non poteva escludere quelle in bianco per l’assemblea 2013. Ieri, testimone al processo, è andato cauto: «Vedevo molti clienti fluire in filiale, se ne occupavano i gestori e le stanzette erano chiuse. Seguivo la contabilità, non avevo contatti con i soci». Dice di non sapere delle deleghe in bianco, sa quello che di recente gli ha riferito un collega di Roma: «Gli era stato chiesto di raccogliere deleghe e lui si era rifiutato». Questa testimonianza deve aver deluso le aspettative di Jannone, che all’esposto allegò una mail di Cavalieri del marzo 2013: «Per quanto attiene ai fatti di cui sono a conoscenza le conferhanno mo la mia disponibilità a rendere testimonianza nelle sedi che riterrà più opportune». Il teste l’ha riconosciuta, a domanda del difensore della banca Francesco Centonze. Se da allora sia successo qualcosa, non si sa. All’avvocato di parte civile Daniele Loglio, Cavalieri ha escluso di essere stato contattato prima della testimonianza. Invece, ha cercato lui Jannone via mail «per un saluto». Ma Jannone gli ha risposto che non era il caso, visto il suo ruolo di testimone. Le mail sono nelle mani dei giudici, che ieri si sono concentrati più su Alvaro Paris, di Lovere, ex direttore della filiale di Rovetta della Banca popolare di Bergamo sentito per un’ora. Il presidente Stefano Storto gli ha chiesto se ci fossero indicazioni sulle deleghe, se in filiale ne avesse viste in bianco, se venisse fornito un resoconto, se ci fosse un interessamento della struttura. Nella versione di Paris, report, indicazioni e deleghe in bianco non ce n’erano. Il pm Paolo Mandurino gli ha contestato tre contraddizioni che scatenato un botta e risposta con gli avvocati. Paris dice che i clienti non venivano sollecitati a rilasciare le deleghe, ma informati della possibilità di farlo. Fabrizio Brasi, invece, riferì che fu lui a chiedergliela. La difesa: «Gli disse anche “è bello andare in assemblea, se vuoi vieni”, non lo ha spinto». Comunque, sempre Paris, le deleghe non venivano assegnate a persone estranee alla filiale. In aula, però, ammette di non conoscere la delegata di Brasi. Assicura che ai deleganti chiedeva l’intenzione di voto. Ma la socia Valentina Maninetti testimoniò il contrario. La difesa: «Disse di avergli dato piena fiducia». Come esempio di correttezza, Paris cita il figlio: «Ha votato per la lista Resti (concorrente di quella istituzionale vincitrice ndr)».
Con un altro direttore di filiale sono servite più contestazioni per arrivare a una sintesi. Alberto Mascheroni lavora ancora in Ubi, a Milano. Nell’interrogatorio «pressante» della gdf riferì di una riunione con la direzione territoriale «che ci aveva prospettato la possibilità di raccogliere anche deleghe in bianco». Oggi è diventata «un pourparler, in filiale venivano raccolte secondo la normativa».
Nell’esposto «Mi ha riferito di aver visto personalmente scatoloni zeppi di deleghe in bianco»