«Falsa partenza ma ora la Zanetti ha fame di vittorie»
Marv Dunphy, uno dei più vincenti allenatori statunitensi, affermava che la pallavolo fosse un gioco di intuizione, immaginazione, improvvisazione. Definizione che si sposa con la carriera di Sladjana Mirkovic, la 24enne palleggiatrice serba della Zanetti Bergamo che, nella sua giovane carriera, ha viaggiato, cambiato ruolo e persino sport; e spesso è stato il destino, come un palleggiatore, a disegnare insospettabili tracce. «Quando è iniziata la mia carriera pallavolistica? Nel momento in cui non mi hanno più permesso di giocare a calcio con i ragazzi», ricorda Mirkovic, originaria di una cittadina dove le possibilità per i giovani atleti si contano sulle dita di una mano. «Avevo 11 anni e, con il broncio, ho iniziato a praticare l’unico sport “dedicato” alle ragazze: il volley».
Cambio di tecnico «Abbondanza è molto tattico, Fenoglio punta di più sulla personalità»
E neppure in quello che sarebbe diventato il suo ruolo.
«Essendo alta, mi hanno etichettata come opposto. Il debutto come palleggiatrice avvenne solo perché la titolare si infortunò e mi dirottarono in cabina di regia: in quel torneo venni incoronata come la migliore palleggiatrice».
Da allora la sua carriera è stata un turbinio di accelerazioni, spostamenti e successi: cinque stagioni in Serbia (con due scudetti, una coppa e due supercoppe nazionali), nel 2016 in Azerbaijan con il Telekom Baku (con cui ha vinto il campionato), poi il biennio in Polonia al Chemik Police, durante il quale ha messo in bacheca un campionato e una coppa di Polonia.
«Tornei molto diversi per età media, livello e numero delle squadre. Siamo soddisfatte di essere risalite all’ottavo posto, ma rammaricate per quello che è stato. Personalmente sono contenta della crescita della squadra».
Ma la crescita della Zanetti, che con Brescia ha centrato la terza vittoria consecutiva, dipende da un calendario più agevole o da un migliore feeling all’interno della squadra?
«Serviva pazienza. Io mi sono aggregata al gruppo solo una settimana prima dell’inizio del campionato: non è facile trovare gli automatismi, soprattutto quando in banda hai giocatrici così diverse l’una dall’altra e che spesso gli
allenatori alternano a seconda dei momenti della gara».
A proposito di tecnici, in undici partite sulla panchina bergamasca si sono visti tre coach: Abbondanza, Tulino (nelle vesti di traghettatore, ndr) e Fenoglio.
«Molto differenti l’uno dall’altro, sia in palestra che fuori. Marcello, con cui ho lavorato anche in Polonia, basa il suo lavoro sulla tattica; Fenoglio mette l’accento su energia e personalità: non so quale approccio sia il migliore; dico solo che sono allenatori diversi, con i rispettivi punti di forza».
Oltre a non saper scegliere il tecnico migliore, lei va in difficoltà anche parlando
di cibo...
«Non faccio distinzioni tra dolce e salato. Dipendesse da me vivrei di pizza; magari me ne concederò parecchie una volta che centreremo i nostri obiettivi: anche se li stabiliremo di partita in partita, posso dirvi che la squadra è molto affamata, un po’ come me».