Buon Natale con i King’s Singers
«I pezzi della tradizione sono rivestiti di nuovi ritmi, colori e armonie jazz» Il celebre gruppo a cappella ospite dell’orchestra Verdi
Luccica il Natale, stasera in Auditorium. Confezionando uno splendida sorpresa (nelle ultime stagioni in questi giorni era in programma il Messiah di Händel), la Verdi regala un concerto straordinario con il più famoso, celebrato e probabilmente talentuoso gruppo a cappella del mondo, i King’s Singers. Le strepitose voci inglesi, che nel 2018 hanno festeggiato il loro primo mezzo secolo di attività, si uniscono all’orchestra per rivisitare una ventina tra carole e melodie natalizie. «La prima impresa è stata decidere quali affrontare, quelle belle sono così tante che non sono finora bastati i dischi e concerti a tema per affrontarle tutte», sorride Jonathan Howard, basso di un gruppo che in questi decenni ha inevitabilmente cambiato gli elementi senza però perdere mai la qualità e l’identità del suo suono. «Già la selezione impone ogni volta un lungo confronto, anche perché non si tratta solo di quale titolo, ma di come proporlo: tradizionale e classicheggiante, con più swing e jazz? In questo influiscono anche gli arrangiatori: alcune sono curate da ex membri dei King’s come Bob e Philil (Chilcott e Lawson, ndr), che conoscono alla perfezione cosa le nostre voci sanno fare, oppure da vecchi amici come Arnd (Alexander L’Estrange, ndr); io ho un rapporto particolare con lui perché fu lui a darmi il primo assolo in un coro, quando avevo otto anni. Oltre a curare degli arrangiamenti, ha anche composto sei nuovi brani natalizi dallo spirito jazz in cui sentiamo gli echi di Sinatra,
Fitzgerald e Cole».
Se Chilcott ha rivisitato canti della tradizione come «I wonder as I wander», «Ding! Dong! Merrily on high» e «The Wexford Carol», Lawson risale nei secoli e nei gusti con «Veni veni Emmanuel» e «Maria durchein Dornwaldging», mentre nella versione di L’Estrange si potrà ascoltare «In the bleak midwinter» e «Santa Claus is coming to town». «Credo si possa trovare un fil rouge tra queste rivisitazioni: celebrano il passato guardando al futuro. C’è tutta la tradizione in cui noi per primi siamo cresciuti; ma le melodie sono rivestite di armonie jazz, di nuovi colori e nuovi ritmi, facendoci capire che è musica viva e attuale, non un retaggio nostalgico del passato». Non è un problema infine essere circondati da un’orchestra: «A differenza di tanti altri gruppi di sole voci noi non ci facciamo mai amplificare nelle sale: questo ci ha permesso di curare sfumature e particolari, e vuol dire che ci sappiamo far sentire».